Pagina:Iliade (Monti).djvu/241

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230 iliade v.693

Tutte atterrava col fulmineo dente
Le fruttifere piante. Il forte Eníde
Meleagro alla fin, dalle propinque695
Città raccolto molto nerbo avendo
Di cacciatori e cani, a morte il mise;
Nè minor forza si chiedea: tant’era
Smisurata la belva, e tanti al rogo
N’avea sospinti. Ma la Dea pel teschio700
E per la pelle dell’irsuta fera
Tra i Cureti e gli Etóli una gran lite
Suscitò. Finchè in campo il bellicoso
Meleagro comparve, andâr disfatti,
Benchè molti, i Cureti, e approssimarse705
Unqua alle mura non potean. Ma l’ira,
Che anche i più saggi invade, il petto accese
Di Meleagro, e la destò la madre
Altéa che, forte pe’ fratelli uccisi
Crucciosa, il figlio maledisse, e il suolo710
Colle man percotendo inginocchiata
E forsennata con orrendi preghi
Di gran pianto confusi il negro Pluto
Supplicava e la rigida mogliera
Di dar morte all’eroe: nè dal profondo715
Orco fu sorda l’implacata Erinni.
Del materno furor sdegnato il figlio
Lungi dall’armi si ritrasse in braccio
Alla bella consorte Cleopatra,
Di Marpissa Evenina e del possente720
Ida figliuola, di quell’Ida io dico
Che tra’ guerrieri de’ suoi tempi il grido
Di fortissimo avea, tanto che contra
Lo stesso Apollo per la tolta ninfa
Ardì l’arco impugnar. Mutato poscia725
Di Cleopatra il nome, i genitori