Pagina:Indulto quaresimale per la diocesi d'Asti nell'anno 1872 (Savio).djvu/8

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grazia sua nulla possiamo fare: Sine me nihil potestis facere (Joan. xv, 5); e questa sentenza la Chiesa cattolica sempre ripetè fedelmente in tutti i secoli, ed in tutti i luoghi. Questa grazia ce la meritò G. C. vero Dio e vero uomo colla sua passione e morte; volentieri Egli ci mette a parte di questo preziosissimo tesoro, ma vuole che ne lo preghiamo; mostrando così di riconoscere proveniente da Lui ogni nostro bene, e disponendoci coll’umiltà e colla fiducia del chiedere a ricevere il grazioso dono. Ed i Sacramenti istituiva il buon Redentore, i quali, come canali, a noi le comunicassero. Ora da quanto disse e fece Gesù non dobbiamo noi conchiudere, che a voler essere noi prudenti dobbiamo amar molto la preghiera, che unisce gli spiriti nostri a Dio, e secondo le promesse di G. C. fa discendere su di noi la grazia di Dio? Si quid petieritis Patrem in nomine meo dabit vobis (Joan. xvi, 23). Noi dobbiamo andar ben persuasi, che conviene accostarci ai Sacramenti con frequenza, per ricevere la divina grazia in noi, diventare forti della forza stessa di Dio per fuggire il male e fare il bene, rivestire le anime nostre di celestiale bellezza, ed arricchirci di meriti per la vita futura. Così stando le cose, badate ben bene, o D., a non lasciarvi ingannare. Chi cerchi di staccarvi dall’esercizio della preghiera, e dall’usare con frequenza a’ Sacramenti, vi vuole separare da Gesù Cristo vostro Salvatore, ed è perciò nemico delle anime vostre. — «A che tanto pregare?» v’andranno dicendo: «Dio conosce i nostri bisogni, senza che noi glieli indichiamo.» — Sì, Dio conosce le vostre necessità, e vuole soccorrervi; ma Egli pose la condizione che noi umilmente e con fiducia ne invocassimo i necessari soccorsi.