Pagina:Inni di Callimaco.djvu/58

Da Wikisource.

53

Non fia diletta a nume altra cotanto,
     Non Cillene a Mercurio, a Giove Creta,
     330E non Cencri a Nettuno, a Febo io quanto, 27

E come l’altre in mar mi starò cheta:
     Mentre favelli, il figlio di Latona
     Alle materne poppe si disseta.

Da indi in quà nè Marte nè Bellona
     335S’attentano appressar tue sante rive,
     E la mano di Pluto a te perdona, 28

E viene ad intrecciar danze votive,
     E l’are a te di novellizie adorna,
     Tornando il Sol nelle giornate estive,

340Qual colà dove annotta e dove aggiorna,
     Quale alla piaggia di meriggio aprica,
     E quale alla gelata Arto soggiorna.

Questa la più di ciascun’altra antica
     Boreal nazione ogni anno manda
     345Un manipolo a te di nuova spica,

E ai Dodonei custodi l’accomanda
     De’ sonanti metalli, e di là scorto
     È poi di Meli alla petrosa banda;