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18 introduzione


Il Diritto non Scritto o Consuetudinario precede sempre in ogni luogo il Diritto Scritto, ma col decorrere del tempo viene a mano a mano tradotto in Leggi promulgate.

La forza obbligatoria del Diritto Consuetudinario risiede nel convincimento, che esiste nella coscienza universale, intorno ad un dato principio o sopra una massima o regola, convincimento manifestato col modo di agire, e sanzionato dalla tacita approvazione del Legislatore.

§ 19. Gli estremi, il concorso dei quali addimandasi a indurre la esistenza di una Consuetudine, sono:

1. La ripetizione degli atti. Da un solo esempio, per celebre e rilevante che sia, non può nascere consuetudine. Non havvi legge che determini il numero di atti necessarj a stabilire la consuetudine, ed è rimesso nell’arbitrio del Giudice il determinare quando si debba dire che ve ne sieno un numero sufficiente a stabilirla. Ma il Giudice attenendosi al principio, che la pluralità degli atti deve esprimere un comune convincimento, non valuterà i fatti particolari ed accidentali, che ne simulassero l’apparenza.

2. La liceità e la ragionevolezza di questi atti, cioè che non sieno contrarj ai buoni costumi, nè repugnanti alla ragione. Ogni qualvolta adunque la Consuetudine venisse ad approvare cose naturalmente turpi o contrarie al Diritto di Natura, non dovrebbe essere considerata come capace di produrre effetti civili.

3. La uniformità degli atti, senza la quale non potrebbe parlarsi di un solito di fare, di una civium voluntas, di un consensus utentium.

4. Uno spazio di tempo lungo, durante il quale quegli atti uniformi, sieno ripetuti. Nessuna legge fissò questo spazio di tempo, il cui decorso è necessario a costituire una Consuetudine; sta al Giudice a valutarlo (Vedi Savigny Tomo I. pag. 168. Sistema di Diritto Romano.)

5. Questi atti debbono essere stati eseguiti ex opinione juris, ex opinione necessitatis, cioè motivati dalla persuasione che corrispondano ad una norma di Gius riconosciuta universalmente.