Pagina:Istituzioni di diritto romano.djvu/22

Da Wikisource.

introduzione 19


6. Il consenso del capo dello Stato. I Giureconsulti Romani facevano discendere la forza della consuetudine solamente dal consenso popolare, ma essi scrivevano con la mente rivolta alla costituzione del loro Stato retto a forme popolari; nelle Monarchie, egli è certo che il tacito assenso del capo dello Stato si presuppone. E questo assenso viene presunto, quando consta della Scienza e Pazienza nel Potere Sociale degli atti, pei quali si asserisce indotta la Consuetudine. Poichè quando chi poteva, e se lo credeva necessario, doveva impedire quelli atti, non lo ha fatto, è certo che non riprova davvero il principio del quale sono la manifestazione, ma annuisce invece al medesimo. Di quella Scienza nel capo dello Stato, intorno a cotali atti che costituiscono la consuetudine, non è necessario adunque fornire una prova speciale e diretta; basta quella presunzione che nasce dalla pubblicità e moltiplicità dei medesimi. Non è infatti da supporre, che il Capo dello Stato ignori le cose note a tutti, le quali per la sua posizione è in grado di sapere più di ogni altro, e che a lui, meglio che ad ogni altro, preme sapere.

La consuetudine, allorchè riunisce i caratteri fin quì accennati, ha forza uguale alla legge. Per lo che vale ad introdurre un nuovo diritto, ad abolire l’antico, a dichiarare il senso di una legge, ed estenderne la sanzione oltre i casi che essa espressamente contempla, come pure ad indurre delle eccezioni alle sue generali disposizioni.

§. 20. Chi vuole valersi di un diritto desunto dalla Consuetudine, deve provarla. Cosiffatta prova può essere somministrata in qualunque modo, o con la testimonianza di scritture, o con la testimonianza di uomini, massimamente di quelli assai innanzi negli anni. Se dalle prove fornite resultasse, che non sempre fu praticato nel modo stesso, ma ora in una guisa, ora in altra; senza che per un tempo lungo e continuato, abbia mai potuto prevalere una regola; si dovrebbe concludere non esistere consuetudine, ma invece uso facoltativo. La consuetudine più recente, deroga