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la capanna dello zio tom


     — «Non sarà necessario; mi uccideranno essi; vivo non potranno condurmi mai all’ingiù del fiume.»

— «Oh Giorgio, sii prudente, per amor mio! Non commettere cattive azioni; non per mano violenta nè sopra te, nè sopra chicchessia; ben so che la tentazione è terribile; ma poichè dobbiamo separarci, va pure; sii guardingo, prudente, e prega Dio che ti aiuti!»

— «Ebbene, ascolta Elisa, ciò che ho divisato. Venne in capo al padrone di inviarmi per una commissione a casa del signor Symmes, che abita distante un miglio da qui. Certo, egli suppone che io venga a narrarti tutte le mie angosce, e già gode in pensare che, per tal modo, può mettere di mal umore i Shelby, come egli usa chiamarli. Tornerò alla fattoria, tutto rassegnato, comprendi bene, quasi che nulla fosse avvenuto; i miei preparativi son fatti; e vi sono amici che potranno aiutarmi. Tra una settimana, o poco più, sarò nel numero degli assenti. Prega per me, Elisa, e forse Dio vorrà esaudire te!»

— «Pregalo tu pure, o Giorgio; confida in lui, e non farai cosa di cui abbia a rimproverarti.»

— «Addio dunque» soggiunse Giorgio, prendendo per mano Elisa e affissandola immobilmente negli occhi. Stettero amendue silenziosi; erano le parole estreme, le estreme lacrime, amplessi come di persone che non isperano mai più rivedersi; e i due coniugi si separarono.


CAPO IV.


Una sera nella capanna dello zio Tom.


La capanna dello zio Tom era un piccolo edifizio, formato di tronchi di alberi, annesso alla casa, come il nero suole indicare signorilmente l’abitazione del suo padrone. Le si apria innanzi un giardino, ove, durante l’estate, crescono in abbondanza, mercè diligente coltura, diverse famiglie di legumi e di frutti. La facciata si rivestìa tutta quanta di una bignonia porporina, di un rosaio lussureggiante di fiori, i quali, intrecciandosi graziosamente, riusciano a mascherare la nuda asprezza della costruzione. Gigli, petronie, margherite reali ed altre generazioni di fiori avean ivi trovato un luogo acconcio per isfoggiarvi la loro bellezza, ed eran tutto l’orgoglio, la delizia della zia Cloe.

Adesso entriamo in casa. Il pranzo de’ padroni era allestito; e la zia Cloe, che avea la soprintendenza della cucina, avea commesso a’ suoi uf-