Pagina:La coltivazione degli olivi.djvu/28

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libro primo 17

410Insegnato da lui crebbe più bello.
Non arte, o caso di mortal ventura
Del concime la forza, e gli usi apprese;
Ma sibbene del Dio furo gli eterni
Insegnamenti, e sua mente divina.
415Or qual più giovi degl’ingrassi a questo
Arbor dirò, se l’invocato Apollo
Della nobile fonte onda non nieghi
A tenui sensi, e d’alcun fiore avvolga
Vil soggetto che grazie abborre, e carmi,
420Più minuta spuntar vedi e più folta
L’erba ne’ prati, se bovino sterco
Mano vi mesce non avara, e strame
Serbato il verno ne le gravi stalle.
Scorrevol fatto per clementi piogge,
425O per le derivate onde dai fiumi,
Questo i meati rapido discorre
Soavemente, e la fradiccia gleba
Solve, e ricrea di nuovo umor la terra.
Ivi del vicin colle aman le ninfe
430Scendere al ballo, e le decenti grazie,
E la vergin di Cinto ivi sue tresche
Notturne, e i cori esercitando, alberga.
Spesso conforta il seminato in forte
Terren, la pula roteante, e l’ atra
435Fuligine combusta al terren lieve