Pagina:La pastorizia.djvu/129

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120 la pastorizia,

165Nelle confuse bolge dell’inferno;
E in miserabil modo ai falsatori
Crucia i putridi membri, e li martira,
E incessante dell’unghie a quegli offesi
Con immenso dolor basta il travaglio.
170Sia, che ingenito rio venen distempre
Con pungente acre la corrotta linfa,
O la cute rimorsa si pertugi
L’Acaro parassito, e a depor l’uova
Vi scenda, che il tepor schiude sui dorsi
175Inverminando; la contrattil pelle
Scolora e ingrossa ruvida, e montando
La scaglia ognor, più spesse e più profonde
Le pustule si fanno. Intenso allora
Il pizzicor si manifesta, e tutta
180Si distacca la lana e si disperde,
Chè i bulbi ond’esce il vello, il venen rode.
L'acre allor del tabacco arida foglia
Abbiti cara, e lungamente in serbo
A macerar la poni, e l’acqua infondi
185Sugli egri corpi; e se restio non parte
Il malor che più addentro ognor si mesce,
Del mercurio ti vali; il qual, disciolto
Agilissimo in atomi, si spinge