Pagina:La sciarada, appendice alle antiche poetiche.djvu/26

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Tenerezze ascoltar nè maldicenze,
Alla gran festa de’ Filocorei
Pensa, la qual s’approssima, o al vestito,
620Cui Parigi per te medita e suda,
Del color di quel nitido elefante,
Che al re de’ Franchi il re de’ Siamesi
Testè donava, avventurosa belva,
Succeduta in Europa agli alti onori,
625Onde, due lustri nanzi, inebriata
La giraffa venia, di tante fogge
Legislatrice, e che del trono al piede
Gli eleganti suoi dì chiuse sull’Istro.
Ma, della Sfinge tua se puoi fidarti,
630Non che l’enigma suo, studia lei stessa.
Rumina (vuol ragion ch’io pur soccorra
Gl’indovinanti d’alcun saggio avviso)
Quai nel cerebro idee, nel core affetti,
Le vadan fermentando, i luoghi nota
635Da lei visti quel giorno e le persone,
E rianda, se puoi, l’ultimo libro,
Di severo argomento o di giocondo,
Onde al tuo tentator sarà piaciuto
Nodrir l’ingegno, o discacciar la noia;
640Chè, come spesso l’indole è sul labbro,
Così talvolta è nel suo enigma l’uomo.
        Sciarada rincrescati, i cui cenni
A più motti rispondono, un sol piede
Il tuo calzar ben calzi, e non imiti
645Di Teramene il duttile coturno.
Incontra che, più adatta ai cenni offerti
Voce vegga l’acuto indovinante,
Di quella che pria vide il losco autore:
Affermo col primier, dicea Fulberto;
650Secondo e tutto son del patto antico,
E a Sisara alludea; ma Clementina,
Alludendo ad Elia, diè più nel brocco;
Chè il profeta, compagno in sul Taborre