Pagina:La sciarada, appendice alle antiche poetiche.djvu/40

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1110Marco Polo trovò, quando col padre
Vi pervenne e col zio, Maffio nomato
Questi, quei Niccolò; ma d’Agiarne
A un tenace proposto sanguinoso
Servia barbaramente. Era la vaga
1115Agiarne (de’ Tartari agli orecchi
Suona tal voce risplendente luna)
Cara di Gingiscan prole infelice
Quanto vaga e ingegnosa, e Marco stesso
S’avvide come ratto ella potea,
1120Volendolo, apparar gl’Itali accenti,
Che, uditi, ripetea con memor labbro:
Ma un suo cupo dolor la tiranneggia,
E in un pensier la tuffa, e la distorna
Dagli studii non men, che da’ piaceri.
1125De’ Cinesi monarchi o doppia Corte,
Cui sol divide un maestoso fiume,
E dove il men delle ricchezze è l’oro;
O superbi giardini, ove sovente
Arbori enormi, che da voi ben lunge
1130Stendeano a torto le frondose braccia,
Da’ natii seggi colle barbe loro
Disvelti, mercè d’argani e di ruote
Vengono ad aumentar rezzo e portento,
Quanto rapisce alle delizie vostre
1135Il dolor d’Agiarne! Ma, s’io piena
Dar del rammarco suo contezza debbo,
Le mosse mi convien prender più d’alto.
Raccapricciando ragionare udito
Avrai non una volta del tremendo
1140Veglio della Montagna, Hassan, primiero
Di quella stirpe, ed inventor nefando
Della setta Assassina. Una contrada
Abitava di Persia, anzi una valle,
Milice detta e fra due monti chiusa.
1145Bellissimo l’aspetto era del loco
Già da natura, ma poi l’arte molto