Pagina:La sciarada, appendice alle antiche poetiche.djvu/52

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Come la Donna a me sull’Adria apparsa)
Del dialetto tuo bel monumento.
Sì, gli soggiunsi, è degno che Vinegia
De’ Dogi suoi nelle superbe sale
1555Entro marmoreo cippo il custodisca,
Siccome i documenti venerati,
Discoverti da te, che il tuo Colombo
Proprio nel cinto delle patrie mura,
Non sul propinquo Savonese lido,
1560Del matern’alvo uscia, Genova serba.
Solo ch’io non vorrei, per arricchirne
Venezia, impoverir la tua cittade;
Avventuroso assai, se quanto or lessi
Di Polo e d’Agiarne consentito
1565Mi venisse ridir. Per lo cerebro
A me da lunghi mesi un estro ferve,
Che dell’enigma più fra noi vulgato
Cantar vorria le leggi: oh, sìio di Polo
Colla storia le infioro e d’Agiarne,
1570Di quanto le ricreo! Tua brama s’empia,
Spotorno ripigliò; passato è il tempo
Delle vendette Italiche e degli odi,
E l’amistà fra te Veneziano
Già stretta e questo ligure gentile1,
1575Che in te la giusta ed erudita sete
Ammorza delle nostre raritadi,
È di quella amistà, che tutti or gode
Gl’Itali rannodar, simbolo caro.
        Alle patrie colline io tornai poscia,
1580E lentamente il mio disegno antico
Venni incarnando; ma gli austeri Sofi
Diranno, e la presente utile etade,
Che in sì misero tema abbiettai l’arte;
Ch’altro da’ vati pur chiede oggi il mondo;
1585E che quel Jone io son, che, mentre al corso

  1. Eustachio Mongiardino.