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la scotennatrice 147


— Che la mia barba tagliata a becco le abbia prodotto un grande effetto.

Malgrado la loro terribile situazione, John, Harry ed anche Giorgio scoppiarono in una gran risata.

— La sposereste? — chiese l’indian-agent.

— Per ora preferisco mangiarmi questo splendido tioer manghe.

— Allora attacchiamo — disse Giorgio. — Pensiamo che sarà questo il nostro ultimo pasto.

— Uhm!... Uhm!... — fece Turner.

Malgrado tutta la loro buona volontà fecero poco onore alla colazione. Turner affermava che quella mancanza di appetito era dovuta alla puzza nauseante che regnava nel wigwam; John alla carne troppo passata del pesce: i due scorridori alla mancanza di buon umore, e forse erano proprio nel vero.

Alcune sorsate di quell’orribile wisky che bruciava atrocemente la gola e lo stomaco, diedero però loro un po’ d’animo. Non volevano mostrarsi nè deboli nè pusillanimi dinanzi ai membri del Consiglio, pur sapendo di non poter ormai più salvare nè le loro capigliature, nè la loro vita.

Stavano discutendo sulle risposte da darsi ai loro spietati nemici, quando Mocassino Rosso ricomparve, seguito da sei guerrieri armati di winchester.

Il Consiglio si è radunato e vi aspetta, gentlemen — disse. — Coraggio.

— E noi siamo pronti — rispose Turner. — La chiacchierata sarà un po’ lunga e perciò faremo bene a portare con noi la bottiglia che ci avete regalata, giacchè ci sono dentro ancora alcune sorsate.


XV.


La caverna dei morti.


Il Consiglio che doveva giudicare i quattro prigionieri, si era radunato nella spaziosa e bellissima tenda di Minnehaha, formata di pelli di bisonte accuratamente cucite ed adorne di geroglifici rossastri sia all’esterno che nell’interno, e che volevano figurare animali feroci mai esistiti nella prateria.

Già gl’indiani non sono mai stati pittori, quantunque mettano una