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la scotennatrice 47


— Lo credo anch’io, — disse l’indian-agent. — Toh!... E i nostri cavalli?

— Arrosolati insieme ai bisonti, — rispose Turner.

— Ecco una perdita terribile!...

— Lo so, mio bravo John.

— Cogl’indiani che non mancheranno di darci addosso appena il terreno si sarà raffreddato...

— Non li aspetteremo, John. Verso levante non farà ormai troppo caldo e appena ci saremo un po’ puliti ed avremo cenato, ci metteremo in marcia.

«Bisogna assolutamente raggiungere il generale Custer o noi cadremo tutti.

— E Minnehaha non ci salverà di certo le capigliature.

— Sempre quel nome sulle vostre labbra! Si direbbe che avete più paura di quella donna che di Sitting-Bull e di tutti i suoi guerrieri.

— Ed è vero.

— Perchè?

— Ve lo dirò poi, mentre ceneremo. Avete fame voi?

— Come un lupo.

— Allora usciamo dal bagno ed andiamo a scegliere la nostra cena.

«Abbiamo delle centinaia di lingue di bisonte a nostra disposizione e ve ne saranno certamente molte cucinate a perfezione.

— Prima andiamo a ripescare le nostre polveri e ricarichiamo le nostre armi. Non si sa mai quello che può succedere su queste dannate praterie.

I quattro avventurieri, pulitisi alla meglio del sangue che li imbrattava, lasciarono i loro bagni, ripescarono la sacca di tela impermeabile contenente le loro preziosissime munizioni e s’avviarono verso il gigantesco carnaio, sul quale aleggiavano ancora delle sottili colonne di fumo.


V.


La « Scotennatrice ».


Lo spettacolo che presentavano quei sette od ottocento animali caduti sotto la marea di fuoco, terribile non meno d’una eruzione di lave scaraventate fuori da un vulcano, era orribile.

I poveri colossi, chiusi entro la cerchia delle fiamme, asfissiati dal fumo, abbrustoliti dalla pioggia furiosa di scintille cadenti da tutte le