Pagina:Le opere di Galileo Galilei VIII.djvu/205

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quando fusse più vicino al punto B che al segamento dell'AB con l'orizontale CD), allora il filo cavalcherebbe il chiodo e se gli avvolgerebbe intorno. Questa esperienza non lascia luogo di dubitare della verità del supposto: imperò che, essendo li due archi CB, DB eguali e similmente posti, l'acquisto di momento fatto per la scesa nell'arco CB è il medesimo che il fatto per la scesa dell'arco DB; ma il momento acquistato in B per l'arco CB è potente a risospingere in su il medesimo mobile per l'arco BD; adunque anco il momento acquistato nella scesa DB è eguale a quello che sospigne l'istesso mobile per il medesimo arco da B in D; sì che, universalmente, ogni momento acquistato per la scesa d'un arco è eguale a quello che può far risalire l'istesso mobile per il medesimo arco: ma i momenti tutti che fanno risalire per tutti gli archi BD, BG, BI sono eguali, poiché son fatti dall'istesso medesimo momento acquistato per la scesa CB, come mostra l'esperienza; adunque tutti i momenti che si acquistano per le scese ne gli archi DB, GB, IB sono eguali.

SAGR. Il discorso mi par concludentissimo, e l'esperienza tanto accomodata per verificare il postulato, che molto ben sia degno d'esser conceduto come se fusse dimostrato.

SALV. Io non voglio, Sig. Sagredo, che noi ci pigliamo più del dovere, e massimamente che di questo assunto ci abbiamo a servire principalmente ne i moti fatti sopra superficie rette, e non sopra curve, nelle quali l'accelerazione procede con gradi molto differenti da quelli con i quali noi pigliamo ch'ella proceda ne' piani retti. Di modo che, se ben l'esperienza addotta ci mostra che la scesa per l'arco CB conferisce al mobile momento tale, che può ricondurlo alla medesima altezza per qualsivoglia arco BD, BG, BI, noi non possiamo con simile evidenza mostrare che l'istesso accadesse quando una perfettissima palla dovesse scendere per piani retti, inclinati secondo le inclinazioni delle corde di questi medesimi archi; anzi è credibile che, formandosi angoli da essi piani retti nel termine B, la palla scesa per l'inclinato secondo la corda CB, trovando intoppo ne i piani ascendenti secondo le corde BD, BG, BI, nell'urtare in essi perderebbe del suo impeto, né potrebbe, salendo, condursi all'altezza della linea CD: ma levato l'intoppo, che progiudica all'esperienza, mi par bene che l'intelletto resti capace, che l'impeto (che in effetto piglia

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vigore dalla quantità della scesa) sarebbe potente a ricondurre il mobile alla medesima altezza. Prendiamo dunque per ora questo come postulato, la verità assoluta del quale ci verrà poi stabilita dal vedere altre conclusioni, fabbricate sopra tale ipotesi, rispondere e puntualmente confrontarsi con l'esperienza. Supposto dall'Autore questo solo principio, passa alle proposizioni, dimostrativamente concludendole; delle quali la prima è questa:


TEOREMA1. PROPOSIZIONE 1

Il tempo in cui uno spazio dato è percorso da un mobile con moto uniformemente accelerato a partire dalla quiete, è eguale al tempo in cui quel medesimo spazio sarebbe percorso dal medesimo mobile mosso di moto equabile, il cui grado di velocità sia sudduplo [la metà] del grado di velocità ultimo e massimo [raggiunto dal mobile] nel precedente moto uniformemente accelerato.


TEOREMA 2. PROPOSIZIONE 2

Se un mobile scende, a partire dalla quiete, con moto uniformemente accelerato, gli spazi percorsi da esso in tempi qualsiasi stanno tra di loro in duplicata proporzione dei tempi [in un rapporto pari al rapporto dei tempi moltiplicato per se stesso], cioè stanno tra di loro come i quadrati dei tempi.


COROLLARIO 1

Di qui è manifesto che, se dal primo istante o inizio del moto avremo preso successivamente un numero qualsiasi di tempi eguali, come ad esempio AD, DE, EF, FG, nei quali siano percorsi gli spazi HL, LM, MN, NI, questi spazi staranno tra di loro come i numeri impari ab unitate, cioè come 1, 3, 5, 7: questa è infatti la proporzione tra gli eccessi dei quadrati delle linee che si eccedono egualmente e il cui eccesso è eguale alla minima di esse, o vogliam dire tra i numeri quadrati consecutivi ab unitate. Pertanto, mentre i gradi di velocità aumentano in tempi eguali secondo la serie dei numeri semplici, gli spazi percorsi nei medesimi tempi acquistano incrementi secondo la serie dei numeri impari ab unitate.


SAGR. Sospendete, in grazia, alquanto la lettura, mentre io vo ghiribizando intorno a certo concetto pur ora cascatomi in mente; per la spiegatura del quale, per mia e per vostra più chiara intelligenza, fo un poco di disegno.

Dove mi figuro per la linea AI la continuazione del tempo dopo il primo instante in A; applicando poi in A, secondo qualsivoglia angolo, la retta AF, e congiugnendo i termini I, F, diviso il tempo AI in mezo in C, tiro la CB parallela alla IF; considerando poi la CB come grado massimo della velocità che, cominciando dalla quiete nel primo instante del tempo A, si andò augumentando secondo il crescimento delle parallele alla BC, prodotte nel triangolo ABC (che è il medesimo che crescere secondo che cresce il tempo), ammetto senza controversia, per i discorsi fatti sin qui, che lo spazio passato dal mobile cadente con la velocità accresciuta nel detto modo sarebbe eguale allo spazio che passerebbe il medesimo mobile quando si fusse nel medesimo tempo AC mosso di moto uniforme, il cui grado di velocità fusse eguale all'EC, metà del BC. Passo ora più oltre, e figuratomi, il mobile sceso con moto accelerato trovarsi nell'instante C avere il grado di velocità BC, è manifesto, che se egli continuasse di muoversi con l'istesso grado di velocità BC senza più accelerarsi, passerebbe nel seguente tempo CI spazio doppio di quello che ei passò nell'egual tempo AC col grado di velocità uniforme EC, metà del grado BC; ma perché il mobile scende con velocità accresciuta sempre uniformemente in tutti i tempi eguali, aggiugnerà al grado CB nel seguente tempo CI quei momenti medesimi di velocità crescente secondo le parallele del triangolo BFG, eguale al triangolo ABC: sì che, aggiunto al grado di velocità GI la metà del grado FG, massimo degli acquistati nel moto accelerato e regolati dalle parallele del triangolo BFG, aremo il grado di velocità IN, col quale di moto uniforme si sarebbe mosso nel tempo CI; il qual grado IN essendo triplo del grado EC, convince, lo spazio passato nel secondo tempo CI dovere esser triplo del passato nel primo tempo CA. E se noi intenderemo, esser aggiunta all'AI un'altra ugual parte di tempo IO, ed accresciuto il triangolo sino in APO, è manifesto, che quando si continuasse il moto per tutto 'l tempo IO col grado di velocità IF, acquistato nel moto accelerato nel tempo AI, essendo tal grado IF quadruplo dell'EC, lo spazio passato nel tempo IO sarebbe quadruplo del passato nell'egual primo tempo AC; ma continuando l'accrescimento dell'uniforme accelerazione nel triangolo FPQ simile a quello del triangolo ABC, che ridotto a moto equabile aggiugne il grado eguale all'EC, aggiunto il QR eguale all'EC, aremo tutta la velocità equabile esercitata nel tempo IO quintupla dell'equabile del primo tempo AC, e però lo spazio passato quintuplo del passato nel primo tempo AC. Vedesi dunque anco in questo semplice calcolo, gli spazii passati in tempi uguali dal mobile che, partendosi dalla quiete, va acquistando velocità conforme all'accrescimento del tempo, esser tra di loro come i numeri impari ab unitate 1, 3, 5, e, congiuntamente presi gli spazii passati, il passato nel doppio tempo esser quadruplo del passato nel sudduplo, il passato nel tempo triplo esser nonuplo, ed in somma gli spazii passati essere in duplicata proporzione de i tempi, cioè come i quadrati di essi tempi.

SIMP. Io veramente ho preso più gusto in questo semplice e chiaro discorso del Sig. Sagredo, che nella per me più oscura dimostrazione dell'Autore; sì che io resto assai ben capace che il negozio deva succeder così, posta e ricevuta la definizione del moto uniformemente accelerato. Ma se tale sia poi l'accelerazione della quale si serve la natura nel moto de i suoi gravi descendenti, io per ancora ne resto dubbioso; e però, per intelligenza mia e di altri simili a me, parmi che sarebbe stato opportuno in questo luogo arrecar qualche esperienza di quelle che si è detto esservene molte, che in diversi casi s'accordano con le conclusioni dimostrate.

SALV. Voi, da vero scienziato, fate una ben ragionevol domanda; e così si costuma e conviene nelle scienze le quali alle conclusioni naturali applicano le dimostrazioni matematiche, come si vede ne i perspettivi, negli astronomi, ne i mecanici, ne i musici ed altri, li quali con sensate esperienze confermano i principii loro, che sono i fondamenti di tutta la seguente struttura: e però non voglio che ci paia superfluo se con troppa lunghezza aremo discorso sopra questo primo e massimo fondamento, sopra 'l quale s'appoggia l'immensa machina d'infinite conclusioni, delle quali solamente una piccola parte ne abbiamo in questo libro, poste dall'Autore, il quale arà fatto assai ad aprir l'ingresso e la porta stata sin or serrata agl'ingegni specolativi. Circa dunque all'esperienze, non ha tralasciato l'Autor di farne; e per assicurarsi che l'accelerazione de i gravi naturalmente descendenti segua nella proporzione sopradetta, molte volte mi son ritrovato io a farne la prova nel seguente modo, in sua compagnia.

In un regolo, o vogliàn dir corrente, di legno, lungo circa 12 braccia, e largo per un verso mezo bracio e per l'altro 3 dita, si era in questa minor larghezza incavato un canaletto, poco più largo d'un dito; tiratolo drittissimo, e, per averlo ben pulito e liscio, incollatovi dentro una carta pecora zannata e lustrata al possibile, si faceva in esso scendere una palla di bronzo durissimo, ben rotondata e pulita; costituito che si era il detto regolo pendente, elevando sopra il piano orizontale una delle sue estremità un braccio o due ad arbitrio, si lasciava (come dico) scendere per il detto canale la palla, notando, nel modo che appresso dirò, il tempo che consumava nello scorrerlo tutto, replicando il medesimo atto molte volte per assicurarsi bene della quantità del tempo, nel quale non si trovava mai differenza né anco della decima parte d'una battuta di polso. Fatta e stabilita precisamente tale operazione, facemmo scender la medesima palla solamente per la quarta parte della lunghezza di esso canale; e misurato il tempo della sua scesa, si trovava sempre puntualissimamente esser la metà dell'altro: e facendo poi l'esperienze di altre parti, esaminando ora il tempo di tutta la lunghezza col tempo della metà, o con quello delli duo terzi o de i 3/4, o in conclusione con qualunque altra divisione, per esperienze ben cento volte replicate sempre s'incontrava, gli spazii passati esser tra di loro come i quadrati e i tempi, e questo in tutte le inclinazioni del piano, cioè del canale nel quale si faceva scender la palla; dove osservammo ancora, i tempi delle scese per diverse inclinazioni mantener esquisitamente tra di loro quella proporzione che più a basso troveremo essergli assegnata e dimostrata dall'Autore. Quanto poi alla misura del tempo, si teneva una gran secchia piena d'acqua, attaccata in alto, la quale per un sottil cannellino, saldatogli nel fondo, versava un sottil filo d'acqua, che s'andava ricevendo con un piccol bicchiero per tutto 'l tempo che la palla scendeva nel canale e nelle sue parti: le particelle poi dell'acqua, in tal guisa raccolte, s'andavano di volta in volta con esattissima bilancia pesando, dandoci le differenze e proporzioni de i pesi loro le differenze e proporzioni de i tempi; e questo con tal giustezza, che, come ho detto, tali operazioni, molte e molte volte replicate, già mai non differivano d'un notabil momento.

SIMP. Gran sodisfazione arei ricevuta nel trovarmi presente a tali esperienze: ma sendo certo della vostra diligenza nel farle e fedeltà nel referirle, mi quieto, e le ammetto per sicurissime e vere.

SALV. Potremo dunque ripigliar la nostra lettura, e seguitare avanti.


COROLLARIO 2

In secondo luogo si ricava che, se si prendono, a partire dall'inizio del moto, due spazi qualsiasi percorsi in tempi qualsiasi, i rispettivi tempi staranno tra di loro come uno dei due spazi sta al medio proporzionale tra i due spazi dati.


SCOLIO

Ora, quanto si è dimostrato riguardo ai moti verticali, si intenda verificarsi similmente anche nei moti sopra piani comunque inclinati: si è infatti assunto che, in questi ultimi, il grado di accelerazione aumenti sempre secondo la medesima proporzione, ossia secondo l'incremento del tempo, o vogliam dire secondo la prima serie semplice dei numeri.



Salv.(1) Qui vorrei, Sig. Sagredo, che a me ancora fosse permesso, se ben forsi con troppo tedio del Sig. Simplicio, il differir per un poco la presente lettura, fin ch'io possa esplicare quanto dal detto e dimostrato fin ora, e congiuntamente dalla notizia d'alcune conclusioni mecaniche apprese già dal nostro Academico, sovviemmi adesso di poter soggiugnere per maggior confermazione della verità del principio che sopra con probabili discorsi ed esperienze fu da noi esaminato, anzi, quello più importa, per geometricamente concluderlo, dimostrando prima un sol lemma, elementare nella contemplazione de gl'impeti.

SAGR. Mentre tale deva esser l'acquisto quale V. S. ci promette, non vi è tempo che da me volentierissimo non si spendesse, trattandosi di confermare e interamente stabilire queste scienze del moto: e quanto a me, non solo vi concedo il poter satisfarvi in questo particolare, ma di più pregovi ad appagare quanto prima la curiosità che mi avete in esso svegliata; e credo che il Sig. Simplicio abbia ancora il medesimo sentimento.

SIMP. Non posso dire altrimenti.

SALV. Già che dunque me ne date licenza, considerisi in primo luogo, come effetto notissimo, che i momenti o le velocità d'un istesso mobile son diverse sopra diverse inclinazioni di piani, e che la massima è per la linea perpendicolarmente sopra l'orizonte elevata, e che per l'altre inclinate si diminuisce tal velocità, secondo che quelle più dal perpendicolo si discostano, cioè più obliquamente s'inclinano; onde l'impeto, il talento, l'energia, o vogliamo dire il momento, del descendere vien diminuito nel mobile dal piano soggetto, sopra il quale esso mobile s'appoggia e descende.

E per meglio dichiararmi, intendasi la linea AB, perpendicolarmente eretta sopra l'orizonte AC; pongasi poi la medesima in diverse inclinazioni verso l'orizonte piegata, come in AD, AE, AF, etc.: dico, l'impeto massimo e totale del grave per descendere esser per la perpendicolare BA, minor di questo per la DA, e minore ancora per la EA, e successivamente andarsi diminuendo per la più inclinata FA, e finalmente esser del tutto estinto nella orizontale CA, dove il mobile si trova indifferente al moto e alla quiete, e non ha per se stesso inclinazione di muoversi verso alcuna parte, né meno alcuna resistenza all'esser mosso; poiché, sì come è impossibile che un grave o un composto di essi si muova naturalmente all'in su, discostandosi dal comun centro verso dove conspirano tutte le cose gravi, così è impossibile che egli spontaneamente si muova, se con tal moto il suo proprio centro di gravità non acquista avvicinamento al sudetto centro comune: onde sopra l'orizontale, che qui s'intende per una superficie egualmente lontana dal medesimo centro, e perciò affatto priva d'inclinazione, nullo sarà l'impeto o momento di detto mobile.

Appresa questa mutazione d'impeto, mi fa qui mestier esplicare quello che in un antico trattato di mecaniche, scritto già in Padova dal nostro Academico sol per uso de' suoi discepoli, fu diffusamente e concludentemente dimostrato, in occasione di considerare l'origine e natura del maraviglioso strumento della vita; ed è con qual proporzione si faccia tal mutazione d'impeto per diverse inclinazioni di piani: come, per esempio, del piano inclinato AF tirando la sua elevazione sopra l'orizonte, cioè la linea FC, per la quale l'impeto d'un grave ed il momento del descendere è il massimo, cercasi qual proporzione abbia questo momento al momento dell'istesso mobile per l'inclinata FA; qual proporzione dico esser reciproca delle dette lunghezze: e questo sia il lemma da premettersi al teorema, che dopo io spero di poter dimostrare. Qui è manifesto, tanto essere l'impeto del descendere d'un grave, quanta è la resistenza o forza minima che basta per proibirlo e fermarlo: per tal forza e resistenza, e sua misura, mi voglio servire della gravità d'un altro mobile. Intendasi ora, sopra il piano FA posare il mobile G, legato con un filo che, cavalcando sopra l'F, abbia attaccato un peso H; e consideriamo che lo spazio della scesa o salita a perpendicolo di esso è ben sempre eguale a tutta la salita o scesa dell'altro mobile G per l'inclinata AF, ma non già alla salita o scesa a perpendicolo, nella qual sola esso mobile G (sì come ogn'altro mobile) esercita la sua resistenza. Il che è manifesto. Imperoché considerando, nel triangolo AFC il moto del mobile G, per esempio all'in su da A in F, esser composto del trasversale orizontale AC e del perpendicolare CF; ed essendo che quanto all'orizontale, nessuna, come s'è detto, è la resistenza del medesimo all'esser mosso (non facendo con tal moto perdita alcuna, né meno acquisto, in riguardo della propria distanza dal comun centro delle cose gravi, che nell'orizonte si conserva sempre l'istessa); resta, la resistenza esser solamente rispetto al dover salire la perpendicolare CF. Mentre che dunque il grave G, movendosi da A in F, resiste solo, nel salire, lo spazio perpendicolare CF, ma che l'altro grave H scende a perpendicolo necessariamente quanto tutto lo spazio FA, e che tal proporzione di salita e scesa si mantien sempre l'istessa, poco o molto che sia il moto de i detti mobili (per esser collegati insieme); possiamo assertivamente affermare, che quando debba seguire l'equilibrio, cioè la quiete tra essi mobili, i momenti, le velocità, o le lor propensioni al moto, cioè gli spazii che da loro si passerebbero nel medesimo tempo, devon rispondere reciprocamente alle loro gravità, secondo quello che in tutti i casi de' movimenti mecanici si dimostra: sì che basterà, per impedire la scesa del G, che lo H sia tanto men grave di quello, quanto a proporzione lo spazio CF è minore dello spazio FA. Sia fatto, dunque, come FA ad FC, così il grave G al grave H; ché allora seguirà l'equilibrio, cioè i gravi H, G averanno momenti eguali, e cesserà il moto de i detti mobili. E perché siamo convenuti, che di un mobile tanto sia l'impeto, l'energia, il momento, o la propensione al moto, quanta è la forza o resistenza minima che basta a fermarlo, e s'è concluso che il grave H è bastante a proibire il moto al grave G, adunque il minor peso H, che nella perpendicolare FC esercita il suo momento totale, sarà la precisa misura del momento parziale che il maggior peso G esercita per il piano inclinato FA; ma la misura del total momento del medesimo grave G è egli stesso (poiché per impedire la scesa perpendicolare d'un grave si richiede il contrasto d'altrettanto grave, che pur sia in libertà di muoversi perpendicolarmente); adunque l'impeto o momento parziale del G per l'inclinata FA, all'impeto massimo e totale dell'istesso G per la perpendicolare FC, starà come il peso H al peso G, cioè, per la costruzione, come essa perpendicolare FC, elevazione dell'inclinata, alla medesima inclinata FA: che è quello che per lemma si propose di dimostrare, e che dal nostro Autore, come vedranno, vien supposto per noto nella seconda parte della sesta proposizione del presente trattato.

SAGR. Da questo che V. S. ha concluso fin qui, parmi che facilmente si possa dedurre, argumentando ex æquali con la proporzione perturbata, che i momenti dell'istesso mobile per piani diversamente inclinati, come FA, FI, che abbino l'istessa elevazione, son fra loro in reciproca proporzione de' medesimi piani.

SALV. Verissima conclusione. Fermato questo, passerò adesso a dimostrare il teorema, cioè che:

I gradi di velocità d'un mobile descendente con moto naturale dalla medesima sublimità per piani in qualsivoglia modo inclinati, all'arrivo all'orizonte son sempre eguali, rimossi gl'impedimenti.

Qui devesi prima avvertire, che stabilito che in qualsivoglino inclinazioni il mobile dalla partita dalla quiete vada crescendo la velocità, o la quantità dell'impeto, con la proporzione del tempo (secondo la definizione data dall'Autore al moto naturalmente accelerato), onde, com'egli ha per l'antecedente proposizione dimostrato, gli spazii passati sono in duplicata proporzione de' tempi, e conseguentemente de' gradi di velocità; quali furono gl'impeti nella prima mossa, tali proporzionalmente saranno i gradi delle velocità guadagnati nell'istesso tempo, poiché e questi e quelli crescono con la medesima proporzione nel medesimo tempo.

Ora sia il piano inclinato AB, la sua elevazione sopra l'orizonte la perpendicolare AC, e l'orizontale CB; e perché, come poco fa si è concluso, l'impeto d'un mobile per la perpendicolare AC, all'impeto del medesimo per l'inclinata AB, sta come AB ad AC, prendasi nell'inclinata AB la AD, terza proporzionale delle AB, AC: l'impeto dunque per AC all'impeto per la AB, cioè per la AD, sta come la AC all'AD; e perciò il mobile nell'istesso tempo che passerebbe lo spazio perpendicolare AC, passerà ancora lo spazio AD nell'inclinata AB (essendo i momenti come gli spazii), ed il grado di velocità in C al grado di velocità in D averà la medesima proporzione della AC alla AD. Ma il grado di velocità in B al medesimo grado in D sta come il tempo per AB al tempo per AD, per la definizione del moto accelerato, ed il tempo per AB al tempo per AD sta come la medesima AC, media tra le BA, AD, alla AD, per l'ultimo corollario della seconda proposizione; adunque i gradi in B ed in C al grado in D hanno la medesima proporzione della AC alla AD, e però sono eguali: che è il teorema che intesi di dimostrare.

Da questo potremo più concludentemente provare la seguente terza proposizione dell'Autore, nella quale egli si vale del principio; ed è che il tempo per l'inclinata al tempo per la perpendicolare ha l'istessa proporzione di essa inclinata e perpendicolare. Imperoché diciamo: quando BA sia il tempo per AB, il tempo per AD sarà la media tra esse, cioè la AC, per il secondo corollario della seconda proposizione; ma quando AC sia il tempo per AD, sarà anco il tempo per AC, per essere le AD, AC scorse in tempi eguali; e però quando BA sia il tempo per AB, AC sarà il tempo per AC; adunque, come AB ad AC, così il tempo per AB al tempo per AC.

Col medesimo discorso si proverà, che il tempo per AC al tempo per altra inclinata AE sta come la AC alla AE; adunque, ex æquali, il tempo per l'inclinata AB al tempo dell'inclinata AE sta omologamente come la AB alla AE, etc.

Potevasi ancora dall'istesso progresso del teorema, come vedrà benissimo il Sig. Sagredo, dimostrar immediatamente la sesta proposizione dell'Autore: ma basti per ora tal digressione, che forsi gli è riuscita troppo tediosa, benché veramente di profitto in queste materie del moto.

SAGR. Anzi di mio grandissimo gusto, e necessarissima alla perfetta intelligenza di quel principio.

SALV. Ripiglierò dunque la lettura del testo.



TEOREMA 3. PROPOSIZIONE 3

Se un medesimo mobile si muove, a partire dalla quiete, su un piano inclinato e lungo una perpendicolare, che abbiano eguale altezza, i tempi dei moti staranno tra di loro come le lunghezze [rispettivamente] del piano e della perpendicolare.


SAGR. Parmi che assai chiaramente e con brevità si poteva concludere il medesimo, essendosi già concluso che la somma del moto accelerato de i passaggi per AC, AB è quanto il moto equabile il cui grado di velocità sia sudduplo al grado massimo CB; essendo dunque passati li due spazii AC, AB con l'istesso moto equabile, già è manifesto, per la proposizione prima del primo, che i tempi de' passaggi saranno come gli spazii medesimi.


COROLLARIO

Di qui si ricava che i tempi impiegati a scendere su piani diversamente inclinati, purché però abbiano la medesima elevazione, stanno tra di loro come le rispettive lunghezze.


TEOREMA 4. PROPOSIZIONE 4

I tempi dei moti su piani di eguale lunghezza, ma di diversa inclinazione, stanno tra di loro in sudduplicata proporzione delle elevazioni dei medesimi piani permutatamente prese [in un rapporto pari alla radice quadrata del rapporto inverso tra le elevazioni].


TEOREMA 5. PROPOSIZIONE 5

La proporzione tra i tempi delle discese su piani di diversa inclinazione e lunghezza e di elevazione pure diseguale, è composta dalla proporzione tra le rispettive lunghezze e della sudduplicata proporzione delle elevazioni permutatamente prese.



TEOREMA 6. PROPOSIZIONE 6

Se dal più alto o dal più basso punto di un cerchio eretto sull'orizzonte si conducono piani inclinati qualsiasi fino alla circonferenza, i tempi delle discese lungo tali piani saranno eguali.


COROLLARIO 1

Di qui si ricava che i tempi delle discese lungo tutte le corde condotte dagli estremi C o D, sono tra di loro eguali.


COROLLARIO 2

Si ricava inoltre che, se da un medesimo punto partono una perpendicolare e un piano inclinato tali, che i tempi di discesa lungo di essi siano eguali, quella perpendicolare e quel piano inclinato risultano [inscrivibili] in un semicerchio, il cui diametro è la perpendicolare medesima.



COROLLARIO 3

Si ricava anche che i tempi dei moti sopra piani inclinati sono eguali allorché le elevazioni di tratti eguali di tali piani staranno tra di esse come le lunghezze dei piani medesimi: si è infatti mostrato, nella penultima(2) figura, che i tempi delle discese per CA e DA sono eguali, quando l'elevazione del tratto AB, eguale ad AD, ossia BE, sta alla elevazione DF come CA sta a DA.


SAGR. Sospenda in grazia V. S. per un poco la lettura delle cose che seguono, sin che io mi vo risolvendo sopra certa contemplazione che pur ora mi si rivolge per la mente; la quale, quando non sia una fallacia, non è lontana dall'essere uno scherzo grazioso, quali sono tutti quelli della natura o della necessità.

È manifesto, che se da un punto segnato in un piano orizontale si faranno produr sopra 'l medesimo piano infinite linee rette per tutti i versi, sopra ciascuna delle quali s'intenda muoversi un punto con moto equabile, cominciandosi a muover tutti nell'istesso momento di tempo dal segnato punto, e che siano le velocità di tutti eguali, si verranno conseguentemente a figurar da essi punti mobili circonferenze di cerchi, tuttavia maggiori e maggiori, concentrici tutti intorno al primo punto segnato; giusto in quella maniera che vediamo farsi dall'ondette dell'acqua stagnante, dopo che da alto vi sia caduto un sassetto, la percossa del quale serve per dar principio di moto verso tutte le parti, e resta come centro di tutti i cerchi che vengon disegnati, successivamente maggiori e maggiori, da esse ondette. Ma se noi intenderemo un piano eretto all'orizonte, ed in esso piano notato un punto sublime, dal quale si portano infinite linee inclinate secondo tutte le inclinazioni, sopra le quali ci figuriamo descender mobili gravi, ciascheduno con moto naturalmente accelerato, con quelle velocità che alle diverse inclinazioni convengono; posto che tali mobili descendenti fusser continuamente visibili, in che sorti di linee gli vedremmo noi continuamente disposti? Qui nasce la mia maraviglia, mentre le precedenti dimostrazioni mi assicurano che si vedranno sempre tutti nell'istessa circonferenza di cerchi successivamente crescenti, secondo che i mobili nello scendere si vanno più e più successivamente allontanando dal punto sublime, dove fu il principio della lor caduta.

E per meglio dichiararmi, segnisi il punto subblime A, dal quale descendano linee secondo qualsivogliano inclinazioni AF, AH, e la perpendicolare AB, nella quale presi i punti C, D descrivansi intorno ad essi cerchi che passino per il punto A, segando le linee inclinate ne i punti F, H, B, E, G, I: è manifesto, per le antecedenti dimostrazioni, che partendosi nell'istesso tempo dal termine A mobili descendenti per esse linee, quando l'uno sarà in E, l'altro sarà in G e l'altro in I; e così, continuando di scendere, si troveranno nell'istesso momento di tempo in F, H, B; e continuando di muoversi questi ed altri infiniti per le infinite diverse inclinazioni, si troveranno sempre successivamente nelle medesime circonferenze, fatte maggiori e maggiori in infinito. Dalle due specie dunque di moti, delle quali la natura si serve, nasce con mirabil corrispondente diversità la generazione di cerchi infiniti: quella si pone, come in sua sede e principio originario, nel centro d'infiniti cerchi concentrici; questa si costituisce nel contatto subblime delle infinite circonferenze di cerchi, tutti tra loro eccentrici: quelli nascono da moti tutti eguali ed equabili; questi, da moti tutti sempre inequabili in se stessi, e diseguali l'uno dall'altro tutti, che sopra le differenti infinite inclinazioni si esercitano. Ma più aggiunghiamo, che se da i due punti assegnati per le emanazioni noi intenderemo eccitarsi linee non per due superficie sole, orizontale ed eretta, ma per tutti i versi, sì come da quelle, cominciandosi da un sol punto, si passava alla produzzione di cerchi, dal minimo al massimo, così, cominciandosi da un sol punto, si verranno producendo infinite sfere, o vogliam dire una sfera che in infinite grandezze si andrà ampliando, e questo in due maniere: cioè, o col por l'origine nel centro, o vero nella circonferenza di tali sfere.

SALV. La contemplazione è veramente bellissima, e proporzionata all'ingegno del Sig. Sagredo.

SIMP. Io, restando al meno capace della contemplazione sopra le due maniere del prodursi, con li due diversi moti naturali, i cerchi e le sfere, se bene della produzzione dependente dal moto accelerato e della sua dimostrazione non son del tutto intelligente, tuttavia quel potersi assegnare per luogo di tale emanazione tanto il centro infimo quanto l'altissima sferica superficie, mi fa credere che possa essere che qualche gran misterio si contenga in queste vere ed ammirande conclusioni; misterio, dico, attenente alla creazione dell'universo, il quale si stima essere di forma sferica, ed alla residenza della prima causa.

SALV. Io non ho repugnanza al creder l'istesso. Ma simili profonde contemplazioni si aspettano a più alte dottrine che le nostre: ed a noi deve bastare d'esser quei men degni artefici, che dalle fodine scuoprono e cavano i marmi, ne i quali poi gli scultori industri fanno apparire maravigliose immagini, che sotto roza ed informe scorza stavano ascoste. Or, se così vi piace, seguiremo avanti.


TEOREMA 7. PROPOSIZIONE 7

Se le elevazioni di due piani avranno tra di loro una proporzione doppia di quella posseduta dalle lunghezze dei medesimi piani, su di questi i moti a partire dalla quiete si compiranno in tempi eguali.


TEOREMA 8. PROPOSIZIONE 8

Tra i piani delimitati da un medesimo cerchio eretto sull'orizzonte, su quelli, che terminano nell'estremo inferiore o superiore del diametro perpendicolare, i tempi delle discese sono eguali al tempo della caduta lungo il diametro; invece sui piani che non raggiungono il diametro, i tempi sono più brevi; infine, sui piani che tagliano il diametro, sono più lunghi.


TEOREMA 9. PROPOSIZIONE 9

Se a partire da un punto di una linea parallela all'orizzonte si conducono due piani comunque inclinati, e questi sono tagliati da una linea, che formi con essi angoli permutatamente [inversamente] eguali agli angoli racchiusi dai medesimi piani e dalla orizzontale, i moti lungo i tratti intersecati dalla suddetta linea si compiranno in tempi eguali.


TEOREMA 10. PROPOSIZIONE 10

I tempi dei moti sopra piani di diversa inclinazione ma di elevazione eguale, stanno tra di loro come le lunghezze dei piani medesimi, sia che i moti si svolgano a partire dalla quiete, sia che li preceda un moto [iniziato] da una medesima altezza [cfr. figura 48.gif|center]].


TEOREMA 11. PROPOSIZIONE 11

Se il piano, sul quale si svolge il moto a partire dalla quiete, viene diviso in un modo qualsiasi, il tempo del moto lungo il primo tratto sta al tempo del moto lungo il tratto successivo, come quel medesimo primo tratto sta all'eccesso che, su di esso, ha la media proporzionale tra l'intero piano e il suo primo tratto.


TEOREMA 12. PROPOSIZIONE 12

Se una perpendicolare e un piano comunque inclinato si intersecano tra di loro [nello spazio compreso] tra due medesime linee orizzontali, e se si prendono le medie proporzionali tra ciascuno di essi e la rispettiva parte compresa tra il punto comune di intersezione e la linea orizzontale superiore, il tempo del moto lungo la perpendicolare starà al tempo del moto [complessivo] lungo la parte superiore della perpendicolare e poi lungo la parte inferiore del piano secante, nella medesima proporzione che l'intera lunghezza della perpendicolare ha alla linea composta della media proporzionale presa sulla perpendicolare, e dell'eccesso dell'intero piano inclinato sulla propria media proporzionale.


PROBLEMA 1. PROPOSIZIONE 13

Data una perpendicolare, condurre ad essa un piano inclinato tale, che, avendo esso elevazione eguale a quella della perpendicolare, il moto su di esso dopo la caduta lungo la perpendicolare si compia in un tempo eguale a quello della caduta lungo la perpendicolare data a partire dalla quiete.


PROBLEMA 2. PROPOSIZIONE 14

Data una perpendicolare e dato un piano ad essa inclinato, determinare nella parte superiore della perpendicolare un tratto tale, che il tempo impiegato a percorrerlo a partire dalla quiete risulti eguale al tempo impiegato a percorrere il piano inclinato con moto successivo alla caduta lungo il suddetto tratto di perpendicolare.


PROBLEMA 3. PROPOSIZIONE 15

Dati una perpendicolare e un piano ad essa inclinato, determinare sul prolungamento inferiore della perpendicolare un tratto tale, che il tempo impiegato a percorrerlo risulti eguale al tempo impiegato a percorrere il piano inclinato con moto successivo alla caduta lungo la perpendicolare data.



TEOREMA 13. PROPOSIZIONE 16

Se in un punto convergono i tratti di un piano inclinato e di una perpendicolare, tali che risultino eguali i tempi dei moti lungo di essi a partire dalla quiete, un mobile che cada da una qualsiasi altezza più elevata percorrerà più presto il tratto del piano inclinato che non quello della perpendicolare.


COROLLARIO

Da questa e dalla precedente proposizione si ricava che, dopo una caduta dall'alto, lo spazio, che viene percorso lungo la perpendicolare nel medesimo tempo impiegato a percorrere un dato piano inclinato, è minore dello spazio che viene percorso in tempo eguale a quello impiegato a percorrere il piano inclinato senza una precedente caduta dall'alto; tuttavia è maggiore del piano inclinato stesso.


PROBLEMA 4. PROPOSIZIONE 17

Dati una perpendicolare e un piano ad essa inclinato, segnare su questo un tratto tale, che un mobile, dopo essere caduto lungo la perpendicolare data, lo percorra in un tempo eguale a quello impiegato a percorrere la medesima perpendicolare a partire dalla quiete.



PROBLEMA 5. PROPOSIZIONE 18

Preso sulla perpendicolare, dall'inizio del moto, uno spazio qualsiasi, il quale sia percorso in un dato tempo, e dato un altro tempo minore qualsiasi, determinare, sulla medesima perpendicolare, un altro spazio [eguale in lunghezza al precedente], il quale venga percorso nel tempo minore dato.



PROBLEMA 6. PROPOSIZIONE 19

Dato su una perpendicolare uno spazio qualsiasi percorso dall'inizio del moto, e dato il tempo della caduta, trovare il tempo in cui il medesimo mobile percorre successivamente un altro spazio eguale, preso in una parte qualsiasi della medesima perpendicolare.


COROLLARIO

Di qui si ricava che, se si pone che il tempo, impiegato a percorrere un qualche spazio a partire dalla quiete, sia eguale allo spazio stesso, il tempo impiegato a percorrerlo, dopo che si sia già percorso un altro spazio, sarà eguale all'eccesso del medio proporzionale tra la somma dello spazio aggiunto più lo spazio dato e il medesimo spazio dato, sul medio proporzionale tra il primo spazio e lo spazio aggiunto: ad esempio, posto che il tempo del moto per AB a partire dalla quiete in A sia AB, qualora si aggiunga lo spazio AS, il tempo del moto per AB dopo il moto per SA sarà eguale all'eccesso del medio proporzionale tra SB e BA sul medio proporzionale tra BA e AS.


PROBLEMA 7. PROPOSIZIONE 20

Dato uno spazio qualsiasi e preso su di esso un tratto a partire dall'inizio del moto, determinare un altro tratto, alla fine [del moto], che sia percorso nello stesso tempo del primo tratto dato.


TEOREMA 14. PROPOSIZIONE 21

Se ha luogo una caduta lungo la perpendicolare a partire dalla quiete, e se si prende, dall'inizio del moto, un tratto, percorso in un tempo qualsiasi, cui segua un moto deviato su un piano comunque inclinato, lo spazio che, su tale piano, viene percorso in un tempo eguale a quello della caduta precedentemente svoltasi lungo la perpendicolare, sarà più del doppio, ma meno del triplo, dello spazio già percorso lungo la perpendicolare.


PROBLEMA 8. PROPOSIZIONE 22

Dati due tempi diseguali, e dato lo spazio che viene percorso lungo la perpendicolare a partire dalla quiete nel più breve dei due tempi dati, condurre dall'estremo superiore della perpendicolare fino all'orizzonte un piano inclinato, sul quale il mobile scenda in un tempo eguale al più lungo dei tempi dati.


PROBLEMA 9. PROPOSIZIONE 23

Preso sulla perpendicolare uno spazio percorso in un tempo qualsiasi a partire dalla quiete, condurre dall'estremo inferiore di questo spazio un piano inclinato, sul quale, dopo la caduta lungo la perpendicolare, venga percorso nel medesimo tempo uno spazio eguale a uno spazio dato qualsiasi, purché superiore al doppio, ma inferiore al triplo, dello spazio percorso lungo la perpendicolare.


SCOLIO

Se si considera attentamente, apparirà manifesto che, quanto meno manca alla linea data IR per raggiungere il triplo della AC, tanto maggiormente il piano inclinato, sul quale deve svolgersi il secondo movimento, come ad esempio CO, si avvicina alla perpendicolare, e finalmente, lungo quest'ultima, viene percorso in un tempo eguale ad AC uno spazio che è tre volte AC. Infatti, allorché IR sarà prossima al triplo di AC, IM sarà quasi eguale ad MN; e poiché, per costruzione, come IM sta ad MN così AC sta a CE, ne risulta che la medesima CE si trova ad essere di poco maggiore della CA, e, di conseguenza, il punto E si trova ad essere prossimo al punto A, e CO forma con CS un angolo molto acuto, coincidendo quasi l'una con l'altra. Viceversa, se la linea data IR sarà di pochissimo superiore al doppio della medesima AC, IM sarà una linea brevissima; ne verrà che anche la AC sarà minima rispetto alla CE, la quale sarà lunghissima e quanto più prossima alla parallela orizzontale passante per C. E di qui possiamo ricavare che, se nella figura accanto dopo la discesa sul piano inclinato AC il moto viene riflesso lungo la linea orizzontale, quale sarebbe CT, lo spazio che il mobile successivamente percorrerebbe in un tempo eguale al tempo della discesa per AC, sarebbe esattamente doppio dello spazio AC. Sembra inoltre che qui sia anche adatto un consimile ragionamento: infatti, è chiaro, dal fatto che OE sta ad EF come FE ad EC, che proprio la FC determina il tempo della discesa per CO. Se poi il tratto orizzontale TC, doppio di CA, vien diviso a metà in V, prolungato verso X si estenderà all'infinito prima che possa incontrare il prolungamento di AE, e la proporzione della linea infinita TX all'infinita VX non sarà diversa dalla proporzione dell'infinita VX all'infinita XC.

A questa stessa conclusione saremmo potuti giungere seguendo un altro procedimento, rifacendo un ragionamento consimile a quello seguìto nella dimostrazione della proposizione prima.

Riprendiamo, infatti, il triangolo ABC, che sulle parallele alla base BC ci rappresenta i gradi di velocità continuamente aumentati secondo il crescere del tempo, le quali [parallele], essendo infinite, siccome infiniti sono i punti nella linea AC e gli istanti in un tempo qualsiasi, daranno origine alla superficie stessa del triangolo; se intendiamo che il moto continui per altrettanto tempo, ma non più accelerato, bensì equabile, secondo il massimo grado della velocità acquistata, il quale grado è rappresentato dalla linea BC; tali gradi di velocità formeranno un aggregato simile al parallelogramma ADBC, che è doppio del triangolo ABC: perciò lo spazio percorso nel medesimo tempo con gradi di velocità consimili [tutti eguali a BC], sarà doppio dello spazio percorso coi gradi di velocità rappresentati dal triangolo ABC. Ma su un piano orizzontale il moto è equabile, allorché non intervenga nessuna causa di accelerazione o di ritardamento; dunque, si conclude che lo spazio CD percorso in un tempo eguale al tempo AC è doppio dello spazio AC: infatti quest'ultimo viene percorso con moto accelerato a partire dalla quiete, secondo le parallele del triangolo; quello, invece, secondo le parallele del parallelogramma, le quali, quando siano prese nella loro infinità, risultano doppie delle infinite parallele del triangolo.

Inoltre, è lecito aspettarsi che, qualunque grado di velocità si trovi in un mobile, gli sia per sua natura indelebilmente impresso, purché siano tolte le cause esterne di accelerazione o di ritardamento; il che accade soltanto nel piano orizzontale; infatti nei piani declivi è di già presente una causa di accelerazione, mentre in quelli acclivi [è già presente una causa] di ritardamento: da ciò segue parimenti che il moto sul piano orizzontale è anche eterno; infatti, se è equabile, non scema o diminuisce, né tanto meno cessa. E per di più, poiché esiste un grado di velocità acquistato dal mobile nella discesa naturale, e poiché esso è, per sua natura, indelebile ed eterno, bisogna considerare che, se dopo la discesa per un piano declive il moto viene riflesso su un altro piano acclive, su quest'ultimo interviene già una causa di ritardamento: su tale piano, infatti, il medesimo mobile scende naturalmente; perciò ne nasce una certa mescolanza di proprietà contrarie, cioè del grado di velocità che è stato acquistato nella precedente discesa, il quale [grado di velocità] di per se stesso porterebbe il mobile a muoversi all'infinito di moto uniforme, e della naturale propensione al moto deorsum secondo quella medesima proporzione di accelerazione con la quale sempre si muove. Perciò, investigando su che cosa accade allorché il mobile, dopo la discesa per un piano declive, viene riflesso su un piano acclive, sembrerà oltremodo ragionevole ammettere che il massimo grado di velocità acquistato nella discesa per sé si conservi sempre lo stesso sul piano ascendente; e che tuttavia nella ascesa gli si aggiunga la naturale inclinazione deorsum, cioè un moto accelerato a partire dalla quiete sempre secondo una proporzione data. Se poi tali cose risulteranno troppo oscure da intendere, si faranno più chiare con l'aiuto di qualche disegno.

Si intenda pertanto che la discesa si sia svolta sul piano declive AB, e che in séguito il moto continui riflesso su un altro piano acclive BC; e, in primo luogo, i piani siano eguali ed elevati sull'orizzonte GH con angoli [di inclinazione] eguali: già sappiamo che il mobile, che discende per AB a partire dalla quiete in A, acquista gradi di velocità secondo il crescere del tempo; inoltre [sappiamo] che il grado di velocità acquistato in B è il massimo, e per sua natura immutabilmente impresso, rimosse beninteso le cause di nuova accelerazione o di ritardamento: vogliam dire, di accelerazione, se [il mobile] procede ancora sul prolungamento del medesimo piano; di ritardamento, allorché viene riflesso sul piano acclive BC: ma sul piano orizzontale GH il moto continuerebbe equabile all'infinito, col grado di velocità acquistato in B nella discesa da A; e la velocità sarebbe tale, che in un tempo eguale al tempo della discesa per AB [il mobile] percorrerebbe sull'orizzonte uno spazio doppio del medesimo AB. Immaginiamo ora che il medesimo mobile con il medesimo grado di velocità si muova equabilmente sul piano BC, sì che, anche su questo, in un tempo eguale al tempo della discesa per AB, percorrerebbe sul prolungamento di BC uno spazio doppio del medesimo spazio AB; intendiamo tuttavia che, non appena comincia a salire, per sua medesima natura gli sopravviene ciò stesso che gli accadde [nel muoversi] da A sul piano AB, cioè un moto di discesa a partire dalla quiete secondo medesimi gradi di accelerazione, in virtù dei quali, come già accadde sul piano AB, in uno stesso tempo scenderebbe sul piano riflesso per uno spazio eguale a quello percorso in discesa su AB: è manifesto che, per tale mescolanza di moto ascendente equabile e di moto discendente accelerato, il mobile verrà spinto sul piano BC fino all'estremo C secondo i medesimi gradi di velocità, che risulteranno eguali. Presi infatti due punti qualsiasi D ed E, ad eguale distanza dall'angolo B, potremo ricavare che la discesa per DB avverrà in un tempo eguale al tempo del moto riflesso per BE. Tracciata la DF, essa sarà parallela alla BC; è noto infatti che il moto di discesa per AD viene riflesso lungo la DF: ora, se dopo D il mobile si muovesse sull'orizzontale DE, l'impeto in E sarebbe eguale all'impeto in D; dunque, da E salirebbe fino in C; dunque, il grado di velocità in D è eguale al grado [di velocità] in E.

Da ciò, pertanto, possiamo ragionevolmente asserire che, se ha luogo la discesa su un qualche piano inclinato e dopo di essa ha luogo la riflessione su un piano ascendente, il mobile, in virtù dell'impeto acquistato, salirà fino alla medesima altezza o elevazione dall'orizzonte; ad esempio

, se la discesa si svolge lungo AB, il mobile si muoverà sul piano riflesso BC fino all'orizzontale ACD, non soltanto se i piani avranno eguale inclinazione, ma anche se saranno di inclinazione diseguale, come il piano BD: infatti, abbiamo prima assunto che i gradi di velocità, che si acquistano su piani diversamente inclinati, risultano eguali a condizione che sia eguale la elevazione di quegli stessi piani sull'orizzonte. Se infatti l'inclinazione dei piani EB e BD fosse la medesima, la discesa per EB sarebbe in grado di spingere il mobile sul piano BD fino al punto D; ma tale spinta ha luogo in virtù dell'impeto di velocità acquistato nel punto B, e in B l'impeto è lo stesso, sia che il mobile scenda per AB, sia che scenda per EB; ne risulta allora che il mobile sarà spinto sul piano BD dopo la discesa per AB allo stesso modo che dopo la discesa per EB. Accadrà però che il tempo della salita sul piano BD sarà più lungo del tempo della salita sul piano BC, siccome anche la discesa per EB avviene in un tempo più lungo di quella per AB; del resto, abbiamo già dimostrato che la proporzione dei tempi è eguale a quella delle lunghezze dei piani. Ci resta ora da investigare la proporzione tra gli spazi percorsi in tempi eguali su piani, che abbiano diverse inclinazioni, ma eguale elevazione, cioè che siano compresi entro le medesime parallele orizzontali. Ciò avviene secondo la seguente proporzione.


TEOREMA 15. PROPOSIZIONE 24

Siano dati, [nello spazio compreso] entro le medesime parallele orizzontali, una perpendicolare e un piano inclinato innalzato dall'estremo inferiore di essa: lo spazio, che il mobile dopo la caduta lungo la perpendicolare percorre sul piano ascendente in un tempo eguale al tempo della caduta, è maggiore della stessa perpendicolare, ma minore del doppio di essa.


TEOREMA 16. PROPOSIZIONE 25

Se, dopo la caduta lungo un piano inclinato, il moto prosegue sul piano dell'orizzonte, il tempo della caduta lungo il piano inclinato starà al tempo del moto lungo un qualsiasi tratto dell'orizzonte, come il doppio della lunghezza del piano inclinato sta al tratto orizzontale preso.


PROBLEMA 10. PROPOSIZIONE 26

Data una perpendicolare [compresa] tra linee parallele orizzontali, e dato uno spazio maggiore della medesima perpendicolare, ma minore del doppio di essa, dall'estremo inferiore della perpendicolare innalzare, [nello spazio compreso] tra quelle medesime parallele, un piano tale che il mobile, se riflesso su questo piano dopo la discesa lungo la perpendicolare, percorra uno spazio eguale a quello dato, e in un tempo eguale al tempo della discesa lungo la perpendicolare.


TEOREMA 17. PROPOSIZIONE 27

Se un mobile scende su piani diseguali, ma aventi la medesima elevazione, lo spazio, che viene percorso nella parte inferiore del piano più lungo in un tempo eguale a quello impiegato a percorrere l'intero piano più breve, è eguale allo spazio composto dello stesso piano più breve e di quel tratto rispetto al quale il medesimo piano più breve ha una proporzione pari a quella che il piano più lungo ha rispetto all'eccesso del più lungo sul più breve.


PROBLEMA 11. PROPOSIZIONE 28

La linea orizzontale AG sia tangente a un cerchio, e dal punto di contatto si conduca il diametro AB; si considerino inoltre due corde qualsiasi AEB: bisogna determinare la proporzione del tempo della caduta lungo AB al tempo della discesa lungo ambedue le corde AEB.


TEOREMA 18. PROPOSIZIONE 29

Sia dato uno spazio orizzontale qualsiasi, e dal suo estremo sia innalzata la perpendicolare, sulla quale si prenda un tratto eguale alla metà dello spazio orizzontale dato; il mobile, che scenda da tale altezza e sia deviato sul piano orizzontale, percorrerà lo spazio orizzontale e la perpendicolare, presi insieme, in più breve tempo di [quello che impiegherebbe a percorrere] un qualsiasi altro tratto della perpendicolare insieme al medesimo spazio orizzontale.


TEOREMA 19. PROPOSIZIONE 30

Se da un punto di una linea orizzontale scende una perpendicolare e da un altro punto, preso sulla medesima orizzontale, si deve condurre fino alla perpendicolare un piano inclinato, sul quale il mobile impieghi il tempo più breve per scendere fino alla perpendicolare; tale piano sarà quello che stacca dalla perpendicolare un tratto eguale alla distanza che intercorre tra il [secondo] punto preso sull'orizzontale e l'estremo della perpendicolare.


TEOREMA 20. PROPOSIZIONE 31

Se, tracciata una linea retta comunque inclinata sull'orizzontale, si conduce da un dato punto dell'orizzontale fino alla linea inclinata il piano, sul quale la discesa si svolge nel tempo più breve, tale piano sarà quello che divide a metà l'angolo compreso tra le due perpendicolari che, dal punto dato, vengano condotte, l'una alla linea orizzontale, l'altra alla linea inclinata.


LEMMA

Date due circonferenze tangenti internamente l'una all'altra, se una retta qualsiasi è tangente alla circonferenza interna e interseca la circonferenza esterna, le tre linee condotte dal punto di contatto delle circonferenze ai tre punti della linea retta tangente - cioè al punto di contatto di essa con la circonferenza interna e ai due punti di intersezione di essa con la circonferenza esterna - formeranno angoli eguali [aventi per vertice] il punto di contatto delle circonferenze.


TEOREMA 21. PROPOSIZIONE 32

Se sull'orizzontale si prendono due punti e, a partire da uno di essi, si traccia una qualsiasi linea inclinata verso la parte dell'altro punto, e se a partire da quest'ultimo si conduce una linea retta, la quale incontri la predetta inclinata determinando su di essa un tratto eguale alla distanza fra i due punti dati sull'orizzontale, la caduta lungo questa retta si compirà più presto che non lungo qualsiasi altra retta condotta da quel medesimo punto fino a incontrare la medesima inclinata. Prese poi due rette qualsiasi, che formino con la retta data due angoli eguali da una parte e dall'altra, i tempi di caduta lungo di esse saranno eguali tra di loro.


PROBLEMA 12. PROPOSIZIONE 33

Dati una perpendicolare e un piano ad essa inclinato, che abbiano la medesima altezza e lo stesso estremo superiore, trovare lungo la perpendicolare, al di sopra dell'estremo in comune, un punto tale, che se da esso si lascia cadere un mobile, il quale venga poi fatto deviare sul piano inclinato, [quel mobile] percorra questo piano nello stesso tempo in cui percorrerebbe la perpendicolare a partire dalla quiete.


PROBLEMA 13. PROPOSIZIONE 34

Dati un piano inclinato e una perpendicolare, che abbiano il medesimo estremo superiore, trovare sul prolungamento della perpendicolare un punto più alto [dell'estremo comune], tale che un mobile, il quale cada da esso e sia deviato sul piano inclinato, li percorra entrambi in un tempo eguale a quello in cui percorrerebbe il solo piano inclinato [se partisse] dalla quiete nell'estremo superiore di questo.


PROBLEMA 14. PROPOSIZIONE 35

Data una perpendicolare e data una retta inclinata su di essa, determinare sull'inclinata un tratto, il quale da solo, [con movimento] a partire dalla quiete, sia percorso in un tempo eguale a quello impiegato a percorrere la medesima inclinata insieme alla perpendicolare.


TEOREMA 22. PROPOSIZIONE 36

Se in un cerchio, eretto sull'orizzonte, dal suo punto più basso si innalza un piano inclinato, il quale sottenda un arco non maggiore di un quadrante, e se dagli estremi di tale piano si conducono due altri piani inclinati a un qualsiasi punto dell'arco, la discesa lungo [il sistema di] questi due ultimi piani inclinati si compirà in minor tempo che lungo il solo primo piano inclinato, o che lungo uno soltanto di questi due ultimi piani, e precisamente l'inferiore.


SCOLIO

Da quanto si è dimostrato sembra si possa ricavare che il movimento più veloce da estremo ad estremo non avviene lungo la linea più breve, cioè la retta, ma lungo un arco di cerchio. Infatti, nel quadrante BAEC, il cui lato BC sia eretto sull'orizzonte, si divida l'arco AC in un numero qualsiasi di parti eguali AD, DE, EF, FG, GC; da C si conducano le corde ai punti A, D, E, F, G, e si traccino pure le corde AD, DE, EF, FG, G C: è manifesto che il movimento lungo [il sistema del]le due corde ADC si compie più presto che lungo la sola AC, o lungo DC a partire dalla quiete in D. Ma a partire dalla quiete in A, DC viene percorsa più presto di ADC: ma lungo le due DEC a partire dalla quiete in A, è verisimile che la discesa si compia più presto che non lungo la sola CD: dunque, la discesa lungo le tre corde ADEC si compie più presto che non lungo le due ADC. E similmente, dopo la discesa lungo ADE, il movimento si svolge più presto lungo le due corde EFC che non lungo la sola EC; dunque, lungo le quattro corde ADEFC il movimento si svolge più presto che non lungo le tre ADEC. E infine, lungo le due corde FGC, dopo la discesa lungo ADEF, il movimento si compie più presto che non lungo la sola FC; dunque, lungo le cinque corde ADEFGC la discesa si svolge in un tempo ancora più breve che non lungo le quattro ADEFC. Pertanto, quanto più, con poligoni inscritti [poligonali iscritte] ci avviciniamo alla circonferenza, tanto più presto si compie il moto tra i due segnati estremi A e C.

Ciò che si è mostrato in un quadrante, accade anche in un arco di circonferenza minore di un quadrante; e identico è il ragionamento.


PROBLEMA 15. PROPOSIZIONE 37

Dati una perpendicolare e un piano inclinato, che abbiano la medesima elevazione, trovare sul piano inclinato un tratto, il quale sia eguale alla perpendicolare e venga percorso nello stesso tempo di quest'ultima.


PROBLEMA 16. PROPOSIZIONE 38

Dati due piani orizzontali intersecati da una perpendicolare, trovare su questa, in alto, un punto tale, che due mobili, i quali cadano da quel punto e vengano deviati sui piani orizzontali, percorrano su di questi, cioè sul piano orizzontale superiore e su quello inferiore, in tempi eguali a quelli della loro [rispettiva] caduta, spazi tali che abbiano tra loro una proporzione eguale a una qualsiasi proporzione data fra una [grandezza] minore e una maggiore.


SAGR. Parmi veramente che conceder si possa al nostro Accademico, che egli senza iattanza abbia nel principio di questo suo trattato potuto attribuirsi di arrecarci una nuova scienza intorno a un suggetto antichissimo. Ed il vedere con quanta facilità e chiarezza da un solo semplicissimo principio ei deduca le dimostrazioni di tante proposizioni, mi fa non poco maravigliare come tal materia sia passata intatta da Archimede, Apollonio, Euclide e tanti altri matematici e filosofi illustri, e massime che del moto si trovano scritti volumi grandi e molti.

SALV. Si vede un poco di fragmento d'Euclide intorno al moto, ma non vi si scorge vestigio che egli s'incaminasse all'investigazione della proporzione dell'accelerazione e delle sue diversità sopra le diverse inclinazioni. Tal che veramente si può dire, essersi non prima che ora aperta la porta ad una nuova contemplazione, piena di conclusioni infinite ed ammirande, le quali ne i tempi avenire potranno esercitare altri ingegni.

SAGR. Io veramente credo, che sì come quelle poche passioni (dirò per esempio) del cerchio, dimostrate nel terzo de' suoi Elementi da Euclide, sono l'ingresso ad innumerabili altre più recondite, così le prodotte e dimostrate in questo breve trattato, quando passasse nelle mani di altri ingegni specolativi, sarebbe strada ad altre ed altre più maravigliose; ed è credibile che così seguirebbe, mediante la nobiltà del soggetto sopra tutti gli altri naturali.

Lunga ed assai laboriosa giornata è stata questa d'oggi, nella quale ho gustato più delle semplici proposizioni che delle loro dimostrazioni, molte delle quali credo che, per ben capirle, mi porteranno via più d'un'ora per ciascheduna: studio che mi riserbo a farlo con quiete, lasciandomi V. S. il libro nelle mani, dopo che avremo veduto questa parte che resta intorno al moto de i proietti; che sarà, se così gli piace, nel seguente giorno.

SALV. Non mancherò d'esser con lei.


Finisce la terza Giornata