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LE SELVE ARDENTI 227

Avere bensì guadagnato slitta con cani e un morto. Che cosa fare questa carcassa? Lei si divertire a viaggiare, ma io non essere un becchino. —

Arrestò i cani con una potente strappata della briglia che terminava intorno al collo del capo-fila, discese, afferrò il feretro, e quantunque fosse abbastanza pesante, lo scaraventò a cinque o sei metri di distanza, fracassandolo contro il tronco d’un pino nero.

Dalle tavole sfasciate balzò fuori il cadavere d’un uomo ancora giovane ed abbastanza ben conservato.

— Tutti brutti uomini morti! — disse l’inglese. ― Tu non viaggiare più.

I lupi mangiarti. —

Volse le spalle al cadavere il quale era rimasto in mezzo alle neve colle gambe ripiegate, e tornò verso la slitta, attaccando vigorosamente, coi suoi lunghi denti gialli, il merluzzo secco e durissimo e i biscotti.

Il suo stomaco, malgrado la milza gonfia e lo spleen, funzionava sempre egregiamente, e la colazione fu abbondantissima, inaffiata da due sorsate di gin, del quale, frugando e rifrugando, era riuscito a scovare una bottiglia quasi piena.

— Brigante punito — disse. — Io aver mangiato a sue spalle senza pagare.

Ma io avere lasciato a quel brutto becchino un bisonte. Male! Male! —

Si accomodò sui sacchi, strinse con la sinistra le redini, con la destra la frusta, rimise in corsa i cani, i quali pareva avessero un gran desiderio di andarsene verso il nord.

Decisamente lord Wylmore era nato sotto una stella benigna, poichè tutte le cose gli andavano sempre meravigliosamente bene, anche quando un altro uomo, in meno difficili circostanze, sarebbe caduto per non più rialzarsi, o scotennato, o con una palla di buon calibro nel cervello.

Le foreste si succedevano sempre alle foreste, lasciando dei larghi passaggi più che sufficenti per una slitta.

Le piante erano sempre le stesse: pini neri del Canadà, pini bianchi, che spingevano le loro cime a oltre trenta metri con un diametro di due e mezzo alla base; cicute legus dalle fibre durissime e che sott’acqua acquistano maggior resistenza, perchè non imputridiscono mai; aceri ricciuti, betulle e salici.

Sui rami di tutte quelle piante facevano degli occhiacci dei grossi allocchi dalle penne quasi bianche, e si pavoneggiavano le aquile pescatrici, mentre gli ortolani facevano udire timidamente il loro zirlo.

La corsa durava già da tre ore, quando i cani si fermarono bruscamente dinanzi ad una macchia più folta delle altre, latrando furiosamente.