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LE SELVE ARDENTI 45


— Sì, perchè io volere vincervi.

— Un allievo di Kalcraff? Mai, milord!

— Io avere questa speranza, come avere speranza di prendere il cuore di Minehaha.

— Di quella selvaggia! Voi diventate di giorno in giorno più pazzo.

— Allora io prenderò quello della donna che addomestica tutte queste brutte bestie.

— Siete pazzo, vi ripeto.

— Voi dirmelo sempre, e scordarvi che io essere un autentico lord inglese.

— Possono impazzire anche quelli, signor mio.

— I lords? Oh, mai!

— Sono dunque fabbricati di carne e di ossa diverse dalle nostre?

— Certo, brigante!

— E continuate ad offendermi?

— Voi chiamarmi sempre pazzo. Io ripicchiare.

— Per farmi arrabbiare?

— Io volere gettarvi giù.

— A suon di pugni?

— Sempre.

— Avete la pelle d’un coccodrillo, milord, — disse il bandito. — Tutte le mattine vi tambusso maledettamente, ed ecco che il giorno dopo, siete più in gamba del giorno innanzi.

Io non ho mai incontrato, durante la mia vita avventurosa, un uomo resistente come voi. Eppure ne ho atterrati degli uomini, quando scorrevo la bassa prateria!

— Quegli uomini non erano milords inglesi.

— La finite?

— Io essere pronto.

— Per la solita lezione mattutina?

— Io mostrare alla donna rossa che ammaestra le bestie, come sono forti gli inglesi.

Milord, cambiatevi la testa o meglio il cervello.

— È ben chiuso.

— Corpo d’una balena! In guardia allora! Ma comincio ad essere stanco dei vostri insopportabili capricci.

— Io avere sempre sterline per pagare voi, brigante, e chèques da scontare.

— Non mi lagno, io: voi pagate come un gran signore, e le vostre sterline cominciano a pesarmi.