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diverse società. Ma questi Consigli all’atto pratico hanno ben poca influenza. E noi vediamo infatti nella Lombardo- Veneta e dell’Italia Centrale eletti a propugnare gli interessi del paese nel Consiglio di amministrazione della società uomini distinti per probità, per scienza e per zelo ed influenti per carica presso il Governo, ma troppo leggermente interessati nell’azienda e senza quella pratica esperienza in questo genere di negozj, da poter scoprire e sventare gli abusi che vi si potrebbero mettere contrarj al buon servizio publico ed al vero interesse del paese.

Ma, sento dire: concedendo la costruzione e l’esercizio delle nostre ferrovie agli esteri, noi otteniamo il doppio vantaggio di accelerarne la esecuzione e di attrarre in paese i capitali stranieri. In quanto alla prima parte di queste ragioni io non so veramente su quali basi sia appoggiata, dacchè vedo quanto poco abbia fatto in questi sei anni la società francese in Lombardia e nell’Italia Centrale, in continuo arretrato cogli obblighi assunti, e quanto pochissimo la società Mirès nelle Romagne. In quanto poi alla seconda parte, parmi che i capitali stranieri ad eque condizioni e forse per noi più vantaggiose accorrerebbero in paese qualora li chiamasse il Governo con larghe garanzie sulle strade stesse, come appunto le chiama al bisogno di prestiti per le altre necessità dello Stato.

Si dice ancora: il Governo emettendo nuove carte proprie e nella quantità necessaria per mandare a compimento in pochi anni tutta la gran rete ferroviaria bisognevole, porterà un maggior deprezzamento alle altre carte dello Stato già abbastanza depresse. Ma, risponderò io, e queste azioni ed obbligazioni sociali messe sul mercato europeo ad un interesse minimo, garantito dal Governo, non sono esse altrettante carte publiche che fanno viva e continua concorrenza alle obbligazioni dello Stato? Con questa differenza, che assorbiscono e dividono quell’utile annuo che sì verifica in alcuna di esse strade, utile il quale sarebbe passato ad impinguare le rendite dello Stato, quando lo Stato stesso si fosse procurato il denaro necessario per la costruzione loro ad un equo sconto; mentre così agendo, il Governo, col rinunciare alle eventualità attive, non si è riservato in realtà che di soddisfare le eventualità passive, con effettivo suo svantaggio.