Pagina:Lettere autografe Colombo.djvu/124

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sima figlia. Di tutto questo io fui a pigliare il possesso nel real nome di lei. Tutti s’ingegnavano di correggere la ignoranza, nella quale erano stati, volgendo il poco sapere a ragionare degli inconvenienti e delle spese. Sua Altezza per contrario lo approvava, e sostennelo quanto le fu possibile.

Sette anni andarono in trattative, e nove nell’eseguire. Cose segnalatissime e degne di memoria accaddero in questo tempo: di nulla si fe’ caso. Io sto mallevadore, che non è alcuno sì vile, il quale non pensi di oltraggiarmi. Viva il cielo; si troverà pure al mondo chi non vi possa acconsentire.

Se io rubassi le Indie, o la terra che1 . . . . . ora è la favola dell’altar di S. Pietro, e le dessi ai mori, non potrebbero in Ispagna dimostrarmi inimicizia maggiore. Chi ciò crederebbe di un paese dove fu sempre tanta generosità?

Avrei ben io sommamente bramato liberarmi da tal negozio, se fosse stata cosa onesta presso la mia Regina. Il coraggio ispiratomi da nostro Signore e da Sua Altezza fece che io continuassi; e per alleviarle alcuna parte dell’affanno in che si trovava per la morte2, intrapresi nuovo viaggio al nuovo cielo e mondo, che sino allora stavasi occulto. E se costì non se ne fa quel conto che si fa degli altri viaggi delle Indie, non è maraviglia; perchè servì a far apparire la mia industria.

Lo Spirito Santo3 abbruciò S. Pietro, ed altri do-

  1. Le parole del Codice tra che ed ora non presentano alcun senso intelligibile.
  2. Cioè la morte del principe D. Giovanni, erede delle corone di Castiglia e di Aragona, morto in età di 19 anni nel 1497.
  3. Nella versione de’ sigg. Accad. di Genova: Lo Spirito Santo mandò qui S. Pietro.