Pagina:Lettere autografe Colombo.djvu/129

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di cristoforo colombo 105


all’incanto: che riguardo alle franchigie indugiasse un poco; che e questo e il governo io gli avrei dato bentosto, così piane come la palma della mano. E ne scrissi pure ai Religiosi. Nè quegli nè costoro mi diedero risposta. Anzi egli si mise in piede di guerra, e costringeva quanti capitavano quivi a dargli il giuramento come a governatore: dissermi per anni venti. Appena ch’io seppi di tali franchigie, pensai al riparo di errore sì grande, immaginando ch’ei sarebbe contento, avendo dato, senza necessità nè cagione, cosa così importante ed a gente vagabonda, quando sovrabbonderebbe a chi avesse moglie e figliuoli. Pubblicai in voce e in iscritto, che egli usar non poteva delle provvigioni, essendo più valide le mie; e mostrai le franchigie che portò Giovanni Aguado.

Tutto ciò io feci per temporeggiare; acciocchè le Altezze Loro fossero informate dello stato della terra; e avessero luogo di ordinar nuovamente quanto fosse di lor servigio.

Pubblicar tali esenzioni nelle Indie è cosa vana. Riguardo ai coloni, che hanno già preso delle tenute, egli è un eccesso, perchè loro si danno le terre migliori, che, a dir poco, varranno un dugento mila. Al fine di quattro anni si termina la concessione della tenuta, senza che v’abbian dato un colpo di marra. Io non direi così, se i coloni fossero ammogliati; ma non vi hanno sei fra tutti, che non istien sull’avviso di ragunare quanto è possibile, e irsene poi in buon’ora. Bene sarebbe, che e’ fossero di Castiglia; e sì pure che si sapesse chi e come, e che si popolasse di gente onorata.

Io aveva accordato con questi coloni, che pagherebbero il terzo dell’oro, e le decime, così pregato da essi; e lo ricevettero per grazia grande delle Loro Altezze. Come