Pagina:Lettere autografe Colombo.djvu/45

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tore genovese, Lanzelotto Malocello. Un Nicoloso Di-Recco, un Angiolo Del-Tagghio, genovese l’uno e fiorentino l’altro, guidarono i primi esperimenti che le galee Portoghesi verso la metà del XIV secolo arrischiassero lungo le infami costiere il promontorio Atlantico. E Petrarca e Boccaccio ricordano anch’essi celebri viaggi d’Italiani a quelle isole che Fortunate si chiamano o forse Ritrovate; le quali più volte erano state scoperte, e dimenticate, e scoperte di nuovo. Non dovrei parlare dei Zeni, perchè i loro viaggi all’Islanda ed alla Frislanda (Groenlandia) e le notizie che ivi raccolsero di un gran Continente occidentale, rimasero lungamente ignote e non entrarono nella tradizione italiana, se non dopo la scoperta di Colombo (1458): pur valgono a confermare quanta fosse la perizia, e quanto l’ardimento dei nostri navigatori. Una porzione fraterna delle glorie portoghesi ricade di diritto agli Italiani che, dopo aver tentata pei primi la circumnavigazione dell’Africa, dopo aver guidate le galee di Portogallo ne’ primi viaggi d’esplorazione, gareggiarono poscia di coraggio con Gileanes, con Nugnez, con Fernandez e cogli altri famosi capitani del principe Alfonso. Il genovese Noli toccò le isole del Capo Verde: Cadamosto veneziano ed Usomare di Genova si spinsero pei primi oltre il Capo Verde, esplorando 800 miglia di nuova costa; ed in queste lontane regioni trovarono fra i negri un discendente degli esploratori genovesi, che 170 anni prima erano venuti a naufragare sopra queste rive sconosciute. La navigazione dei tre italiani non fu stabilmente oltrepassata che ventisette anni dopo, nel 1483, quando Jacopo Lano e Martino Behaim varcarono la linea, ed aperuere, dice la cronaca di Scheedel, alium orbem (l’emisfero antartico) hactenus nobis incognitum, et multis annis a nullis, quam Januensibus, licet frustra, tentatum.