Pagina:Lettere autografe Colombo.djvu/53

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tore, persuadere al suo popolo quelle verità che già la scienza da molto tempo avea trovate e insegnate. — Se Colombo non fosse grande per la sua idea, sarebbe grande per averla saputa ripetere e persuadere; e per essere la terza volta grande, gli avanzerebbe ancora il merito dell’esecuzione, che bastò ad immortalare Vasco di Gama.

In niun caso meglio che in questo si vide qual sia l’ufficio del genio, e quanta forza possa dare la volontà alla intelligenza. La grande idea traluce a molti; ma lontana, fuggevole, incompiuta. I disattenti passano oltre, gli impazienti appena guardano e tosto si sviano dietro più facili imprese: gli uomini speculativi osservano e notano come una curiosità; i troppo cauti, come avvenne alla corte di Portogallo, adombrano per la stessa semplicita e grandiosità d’un disegno, che par loro troppo bello per esser vero. Intanto i bisogni si fanno più acuti e più insistenti; e direbbesi che intere generazioni invochino il nuovo mondo. I libri sono, o pajono pieni di presagi; le stesse onde del mare, le stesse nebbie del cielo diventano eloquenti; la fata Morgana mostra ogni anno agli attoniti marinai apparenze di spiaggie e di monti lontani in fondo al mare: i popoli si ricordano delle favole e dei sogni dei padri loro: ma tutto ciò somiglia ad un guizzar di luce interrotto e sparpagliato per una vasta oscurità. Colombo solo fa centro dell’anima sua a questi fatti disgregati ed è il punto luminoso in cui le minute faville convergono e si svolgono in fiamma vivace. Infaticabile nella speranza, non valendosi del dubbio che per consolidare la sua fede, interroga, confronta, ravvicina, riconcentra le cognizioni italiane di tre secoli e le osservazioni che i marinai avevano sparsamente fatto dall’Islanda alla Guinea; e da ciò appunto che a tutti gli altri pareva confusione ed in-