Pagina:Lettere autografe Colombo.djvu/76

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ce ne fa convulsa pittura comparandoli agli ossessi e chiamandoli sudditi d’inferno e improntati di uno stigma infame. Egli è per questo appunto che gli Spagnuoli li facevano sbranare dai mastini e li pendevano a rosolare a fuoco lento in file di tredici per memoria di Cristo e dei suoi apostoli.

Siffatto è il nuovo poema del Costa: in cui mirabile è la forma e la perizia di girare le frasi e la forza delle descrizioni, mirabilissimi lo stile e la lingua. E benchè ad altri sia sembrato, e forse sia vero, che troppo artificioso e rabescato di reminiscenze ed imitazioni si svolga il verso, pure tanto ne è il vigore e la nuova armonia, che io lo credo un paragone di quanto possa la lingua nostra: la quale come provò a questi dì d’essere velocissima e sguisciare ed armeggiare nelle finezze della satira, così con questo poema del Costa ci assicura d’aver conservata tutta la maestà, il numero e l’atletica musculatura della sua forte genitrice.

Ma se il poema del Costa cresce onore alle lettere italiane, l’inno dell’uman genere a Colombo aspetta però ancora un degno interprete. Un gran filosofo vivente ebbe a dire che la scoperta dell’America è un fatto poetico piuttosto esteriormente che nello spirito. Fors’ei però non si ricordava dell'eroica natura di Colombo, della sua splendida fantasia, dell’estasi divine che lo visitarono, della sventura che santificò le sue virtù, della fede che poetizzò i suoi dolori. Tre aspetti altamente poetici io veggo nella vita di Colombo: l’anima stessa del grand’uomo; l’urto delle due razze fra le quali egli stette indarno pacificatore e vittima; lo spettacolo della nuova natura che lo inebbriò d’un sì dolce e possente delirio. Ciascuno di questi aspetti può avere il suo poeta; e l’avrà quando una volta si abbandonino le antiche forme epiche le-