Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/10

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ad andrea maffei

Pensier, che del buon Dio fa comodino,
95Crogioli nel calduccio; un con ambigua
Mente, isterico eroe, pèncoli incerto
Fra terra e cielo; altri con senno astuto,
Del nome di Gesù fatta camuffa,
Traffichi l’alma, e colga al laccio i merli.
100Io, quando alcun dalle vegliate carte
Al costante pensier raggio mi venne,
Tanta ebbi dell’error vergogna ed ira,
Che al core e alla ragion la pugna indissi.
Chi tal pugna dirà? Dentro ai gelosi
105Penetrali del cor caddero assai
Colpite ostie d’affetti, assai ridente
Popol d’inganni! E fur vigilie ed arse
Febbri di dubbio e sacrificj e affanni
A tutti oscuri, a te noti soltanto,
110Provvido Amor, che nell’infermo petto
Le più pure versavi onde di luce.
E tu la stanca giovinezza e i giorni
Vedovi di speranze e di salute
M’incuoravi, cantando alte parole:
115E tu alle case mie povere e meste
Conducevi per man la musa intatta.
Per che tutto d’intorno era un concento
Di fragranze e di raggi, e insiem coi baci
Facili nel mio cor fioríano i carmi.
120Così, mentre nel sen con lento affanno
M’agitava le scarse ali la vita,
E l’alba del domani erami incerta,
Io la vita immortale e i luminosi
Primi trionfi del pensier dicea
125Securamente, e al giovinetto ingegno
Largo Italia donò plauso non vile.
Nè m’obliai però; che tal mi diede
La benigna Natura indole e ingegno,



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