Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/146

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lucifero

Quei leva il muso, allunga gli occhi, addoppia
340I sospiri, e fa il greppo, e scote il collo;
E poi che ragli e pianti e voci accoppia,
E di tanto preludio ha il cor satollo,
Digrigna i denti al ciel, gli occhi al ciel fisa,
Batte la coda, e parla in questa guisa:

    345— Uomo già fui, nè della plebe: amici
Prima ebbi i fati; ai marziali ardori
Fei campo il petto, ed ai ben posti uffici
Non fûr tardo compenso i dolci allori.
Francia è la patria mia; contro ai nemici
350Guidai gli altri e me stesso ai primi onori,
Fino a quel dì che prigionier si rese
Nei campi di Sedàn l’augel francese.

    Mi resi anch’io; ma con arguto ingegno
Ruppi la fede, e il Prusso irto delusi:
355Fuggo, i campi divoro, e qui ne vegno
Per la patria a pugnar; chi vuol mi accusi.
Già s’appressa il nemico, ecco d’indegno,
Feroce assedio i nostri muri ha chiusi;
Io vittoria prometto, oh poco accorto,
360E tornar giuro o vincitore o morto.

    Fuor proruppi, e pugnai; ma, com’è vero
Ch’asino or sono, io fui sconfitto e vinto;
Morir tosto pensai, ma in tal pensiero
Tremai, gelai, fui per cadere estinto;
365Quando rinvenni dal terror primiero,
Qui mi trovai d’una rea turba cinto,
Che gridava, insultando al mio dolore:
Ritornar giuro o morto o vincitore!

    Allor, gelo in pensarlo, io non so come,
370Tutte raccapricciar le membra sento;



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