Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/147

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canto ottavo

S’alzan lunghe l’orecchie in su le chiome,
E allungàsi la testa, e cresce il mento;
Stendesi su pe’l dorso e per l’addome
Questo cuoio abborrito in un momento;
375Mutansi i piedi in dure zampe, e l’una
E l’altro mano in zoccolo si aduna.

    Credo sognar, cerco fuggir, me stesso
Fuggir che ognun, segno d’obbrobrio, addita;
Ma batter sento in suon quadruplo e spesso
380Sul percosso terren l’ugna abborrita.
Sorge il sole, e dinanzi, a fianco, appresso,
L’ombra fatal veggio al mio corpo unita;
Rizzar mi vo’, ma star dritto non vaglio;
Chiedo soccorso, e parlo insieme e raglio. —

    385Tacque, e poi che più fiera al novo caso
L’affamata canaglia urla e s’avventa,
Da superbo furor l’animo invaso
— Vil turba, esclama, or le mie carni addenta! —
Nè briciolo di lui saría rimaso,
390Se l’opra del Demonio era più lenta;
Ei la turba contiene, e la captiva
Bestia discioglie, e vuol che soffra e viva.

    — Viva, egli dice; e dal suo tristo esempio
Quindi a far senno ogni francese impari;
395Oh! se ogni duce o vile o inetto od empio,
Forma assumer dovesse a costui pari,
Della patria non più traffico e scempio
Farebbero, come or, volpi e somari;
Chè tosto ognun conoscería le vecchie
400Volpi alla coda e gli asini all’orecchie. —

    Tuona un grido in quel punto. Il popol forte,
Dall’armi oppresso e dalla fame infranto,



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