Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/190

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lucifero

Gli occhi serrò, diede la voce, e via
375Lascia il ciel, passa l’aere, e giunge in terra.
L’eroe trovò, che scosso il sonno, e fermo
Più nel pensier che nelle membra affrante,
Ritentava il cammin. Presso un cespuglio
Lasciò il volante corridor; si eresse,
380Quanto potè, su’l curvo dorso; un grave
Cipiglio assunse, e a misurati passi
Movendogli d’incontro, in tuon solenne:
— Lucifero, gli dice, ov’io con l’ira
Dar fin volessi all’ira tua, me stesso,
385Che Dio di tutto e re del ciel pur sono,
Qui non vedresti al tuo cospetto: avvinto
Dal cenno mio sotto al mio piè, potría
Scatenarsi al mio cenno il saettante
Fulmin, che a par d’ogni superba altezza,
390Le sdegnose e proterve anime avvalla.
Ma l’ira mia tu la conosci; or sappi
La mia pietà. Stanco non già, ma schivo
Di pugne io son: di nostre pugne assai
Travaglio ebbe la terra; assai di umane
395Vite olocausto ebbe il mio sdegno. Io miro
Con paterno dolor quest’infelice
Schiatta dell’uom, che lusingata e vinta
Dai tuoi falsi giudicj, erra perduta
Fuor della via d’ogni salvezza, e il frutto
400Di tue promesse e la vittoria aspetta.
Ma, stolta, indarno aspetterà! Smarrito
Fra queste ombre tu stesso, ecco ti aggiri
Tu, che da le fallaci ombre presumi
Redimer l’alme dei mortali, a cui,
405Ira e invidia non già, ma provvidente
Consiglio mio gli ultimi veri asconde.
Sgombra dunque la terra: abbian riposo
Le genti alfin; torna ai tuoi regni, e intero



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