Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/242

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lucifero

E deità tremenda
330Era la Legge, e diva
Cosa la Patria e chi per lei moriva.
    Taccio però l’offesa,
Che all’aquile di Giove
Recò una turba di feroci imbelli;
335Taccio il baglior di queste genti nuove;
Però che sui ribelli
Flutti lasciata illesa
La croce di Gesù troppo mi pesa.
    Ma un dì, se l’onte atroci
340Non moveranno alcuno
Che in me l’affoghi e d’ogni onor la privi,
Io parlerò: sentirà allor ciascuno
Di questi rei malvivi
Tuonar con ferree voci
345L’eloquenza dei miei flutti feroci.
    Fuor dei percossi fini
Proromperò, indomato
Dèmone; stenderò l’onda funesta
Sui colli; segnerò l’ultimo fato
350All’ara, al trono, a questa
Degna dei suoi destini
Plebea ciurma di Borgia e di Tarquini!

voce della savoja.


    Dal trono della gloria ove tu sei
Ricca d’armi, di mente e di fortuna,
355Madre Italia, ricorda i figli miei,
Ora che amor tutti i tuoi figli aduna.
Pensa che nel dolor giace colei,
Ch’a’ guerrieri tuoi re diede la cuna,
Da te divisa e serva allo straniero
360Lei che fu patria al redentor Guerriero!
    Ben prudente consiglio esser potea



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