Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/266

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lucifero

Scendiam, facciam baldoria
Tra’ fiori e le donzelle;
265Abbia l’Amor vittoria:
Vale un’ora d’amor tutte le stelle! —

    Mentre i furbi angeletti in queste voci
Disertavano il cielo, e l’umanata
Sanese, avvinta dal più dolce amplesso,
270Primamente sentía la vita intera,
Su l’antica di Pio ferrea cervice,
Come sinistro augel, striscia la morte.
Abbandonato su’l gelido letto
Luccicante di frange e di cortine,
275Rabbiosamente egli vaneggia:
                                         — Urlate,
Accorrete, soccorso! Il ciel, la terra,
L’inferno tutto ai cenni miei! Demòni,
Angeli, a voi: la forte anima mia
Per un anno di vita! I miei nemici,
280Gli usurpatori impenitenti al mio
Piede un istante, e poi morir! —
                                         Comparve
Pallido, immoto, macilente un Frate
Sopra la soglia:
                          — A questa Croce atterra
L’orgogliosa tua fronte!
                                     — Chi sei tu?
285Che vuoi? Chi innanzi mi ti tragge? All’ira
Non mi sforzare!
                                 — Alla pietà ti sforzo,
Alla pietà, se Dio, per maggior pena,
Non ti chiude la via d’esser pietoso. —
— Ma tu chi sei? Di vane ombre io non temo:
290Son forte ancora!
                            — Ombra, demonio, o Dio,
Quel che tu temi io sono. Ecco si appressa



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