Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/273

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canto decimoterzo

Voi sedevate attorno ai miei ginocchi,
Come innocue agnellette,

    460Quel dì, che scatenate
Dal cenno di costui che il ciel promette,
Per le vie di Perugia insanguinate
Correan le sue vendette.

    Cinti di ferro, e d’oro e sangue ingordi
465Rupper nelle mie case in un momento
Gli sgherri di costui feroci e sordi,
Come tigri in armento.

    E i miei due figli, i miei leoni intanto
Non erano con noi!
470Pugnando all’ombra del vessillo santo,
Caduti eran da eroi!

    Nè mi fu dato, oimè, baciar le care
Teste morenti e udir le voci estreme,
Comporre i corpi vostri entro a le bare,
475Con voi morire insieme!

    Ben dei pargoli vostri e delle amate
Spose lo strazio vidi
E il vitupero!... Oh! in me, in me sol vibrate,
Empj, i ferri omicidi!

    480Ultimo caddi. Or paradiso, o inferno,
Vedi? o vecchio feroce, io non aspetto:
Dio qui mi manda; e qui starommi, eterno
Fantasma, al tuo cospetto! —

    Tacque, e due sovra gli altri orridi in vista
485Fuor della calca si avanzaron: muti,
Rigidi, ritti ritti, lenti lenti
A le due sponde del funereo letto
Stettero; e del lenzuol freddo scoprendo
A viva forza del morente il capo,
490Agitâro i crocchianti omeri. Come
Da l’ultimo edificio, allor che trema



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