Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/296

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lucifero

Bionde teste mietea pei boschi opachì
La druidica falce; un gemer lungo
585Di greche madri in sugli oblati infanti
Prorompea da l’Idee valli, superbe
Del vagito di Giove; alto dal Tebro
Fremean l’espíatrici ostie ferite
All’ingordo Saturno; e una selvaggia
590Querela uscía dai seppelliti avanzi
Delle Puniche ròcche, in quel che in armi
Sorgea sdegnoso il redentor d’Imera.
    Ma chi tutte può dir le voci e i pianti,
Che al ciel salíano a dimandar vendetta?
595Dal braminico aurato Indo, dagli orti
Rosiferi d’Irano alle feconde
Trinacrie rive del geloso Egitto;
Dalle terre promesse a una masnada
Di lebbrosi omicidi, dal sepolcro
600Sanguinoso del Cristo alle funeste
Valli d’Alby; dai tríonfati fiumi
Dell’industre Batavia, a cui sul petto
Gavazza ancor del fiero Alba il fantasma;
Da le Calabre valli a le solinghe
605Nevi di Valtellina ergeasi un grido
Formidabile, immenso, a cui fean eco
Dalla Senna e dall’Ebro urla e minacce.
    Udía dall’alto il Nazzareno, e il biondo
Capo scrollando amaramente: — O amore,
610Dicea, per cui l’innocua vita io diedi,
Qual mar di sangue alla mia Croce intorno!



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