Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/315

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canto decimoquinto

Sul colmo dei muschiosi embrici, in traccia
Dell’amica ritrosa, a notte piena
545Scontransi, e i peli rabbuffando a un tratto,
Soffian, sbatton la coda, alzano in arco
L’ispido dorso e duri, intirizziti
Muovonsi con guardingo atto d’intorno,
L’arida lingua saettando: a bada
550Si tengono così, fin che il più lesto
La granfia avventa e vibrasi all’assalto.
Odi allora echeggiar di strilli acuti
La sacra notte, rotolar sul tetto
Smosse tegole e sassi; e chi del dolce
555Sonno si svolge in quell’istante, umani
Gemiti e grida ascoltar crede al vento.
Così le due sinistre anime, a un punto
Fatte dall’ira e dal dolor nemiche,
Si sbranavan fra loro, insin che stanco
560Di quel fiero piacer l’eroe nemico
Le scagliò da sè lungi. Urlâro i tristi
Dall’alto ciel precipitando, e ancora
Precipitan pe’l chiaro aere: li aspetta
Fremebonda la terra, ove un’eterna
565Vita servile e in gran terror vivranno.
    Scòrsi muti e di furto eran fra tanto
L’Arbuense e il Gusmano; e si tenendo
Fuor d’ogni attesa e d’ogni sguardo ostile,
Speculavan la fuga, o un nuovo inganno.
570Si sferrò allor da la sua schiera il forte
Riformator di Vittemberga, in guisa
Di mortifero strale, e una tremenda
Voce vibrò. Stetter tremanti e bianchi
I fuggitivi, e balenâr perplessi
575Fra la lotta e la fuga, in simiglianza
D’inseguito assassin, che fischiar senta
Presso all’orecchio il mortal piombo. Vinse



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