Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/38

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lucifero

Tal in cor gli spirò dolce un sorriso,
Ch’ei fatto a un punto più gentil, leggiadre
Forme e il pensier nel duro selce espresse.
Però, quand’ei con lungo studio al rito
90Del caro amor la sua fanciulla indusse,
Docil vide obbedire ai suoi talenti
Il ferrigno basalte; all’agil fianco
Brunite armi precinse, e il flessuoso
Collo di lei, che gli gemea su’l petto,
95Incoronò d’inteste ambre e di baci.
    Or deggio dir, che di regnar mal paga
Sovra i campi natii, la curiosa
Mente dell’uom s’insinuò nell’alte
Viscere della terra, e ai fiammeggianti
100Gnomi, che custodían l’ampie miniere,
Rapì il rame, indi il ferro, a cui funeste
Armi non sol, ma civiltà l’uom debbe?
Io benedico a voi, fiumi e torrenti,
Che giù dai fianchi de’ materni Urali
105L’auree sabbie lucenti al pian recaste;
Ma più alla pazíente opra, che il lieve
Stagno confuse e il risonante rame,
Ed all’assiduo ardir, per cui, dal duro
Abbracciamento mineral divelti,
110S’arresero i metalli all’uom tenace.
O pensiero immortal dell’uom che muore,
Te da prima io conobbi, e quinci al fato
S’intrecciò degli umani il mio destino.
Bruco, che il corpo infermo, a mala pena,
115Per intima virtù svolge dal primo
Involucro, ed al mite aere credendo,
Crisalide novella, il picciol volo,
Co’ fior de’ campi il suo color confonde,
Tal dell’uomo è il pensier: s’apre a fatica
120Fra tutti ingombri e lunghi affanni il varco,



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