Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/90

Da Wikisource.

lucifero


    145V’è una pianta gentil, ch’alma e giuliva
Di bei fiori non è, non è di foglie,
Ma al tocco sol, come se fosse viva,
Tutta in sè si restringe, e si raccoglie;
Nome il volgo le dà di sensitiva,
150E senso di pudor certo essa accoglie,
Chè tutto, che del Sol si scalda al raggio,
Ha virtude d’amor, senso e linguaggio.

    Tal divien la fanciulla; e il ciel sereno
Erra co’l guardo, e incerta pende, e geme;
155Ed agli urti del cor le ondeggia il seno,
E il cor le fugge alla risposta insieme:
— Stranier, caro stranier, per questa almeno
Secreta ambascia, che m’affanna e preme,
Deh! per questa ti prego alma soletta,
160L’onore, il pianto, i sogni miei rispetta.

    Deh! se fido è il tuo dir, la mente fida,
Se all’ardito voler tua possa è uguale,
Fa’ che scorra da’ regni aurei dell’Ida,
Nuova di giovinezza onda immortale;
165Fa’ che amico alle Muse il ver sorrida;
Che men funesto a noi vibri il suo strale;
Che a questa vecchia gente infastidita
Riedan le Grazie a rifiorir la vita!

    E se tanto non puoi, dammi che a questa
170Terra, che non m’intende, alfin m’invole;
Ch’io mi scevri da tanta orda molesta,
Che sepolta nel ver l’anima vuole.
Oh! ch’io torni de’ miei sogni alla festa,
Ch’io mi confonda in un raggio di sole,
175Ch’io naufraghi coi miei poveri numi
In un mare di luce e di profumi! —



— 86 —