Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/104

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90 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     Tronchi orrendo fragor spargono i rami:
     Tal del vento gagliardo anche alle volte
     L’incitato vigor spezza, e in più parti
     Co ’l retto impeto suo squarcia le nubi.
     Poichè qual forza ei v’abbia, aperto il mostra
     210Qui per se stesso in terra, ove più dolce
     Spira; e pur non per tanto insin dall’ime
     Barbe i robusti cerri abbatte, e schianta.
Son per le nubi ancor flutti, che fanno
     Gravemente frangendo un quasi roco
     215Murmure; qual sovente anche negli alti
     Fiumi, e nell’alto mar, che vada, e torni,
     Soglion l’onde produr rotte, e spumanti.
Esser puote eziandio, che se vibrato
     D’una nube in un’altra il fulmin piomba,
     220Questa, se con molt’acqua il foco beve,
     Tosto con alte grida il mondo assorda:
     Qual se talor dalla fucina ardente
     Sommerso in fretta è l’infocato acciaro
     Nella gelida pila, entro vi stride.
     225Che se un’arida nube in se riceve
     La fiamma, in un momento accesa, ed arsa
     Con smisurato suon folgora intorno:
     Qual se pe’ monti d’Apollineo alloro
     Criniti il foco scorra, e con grand’impeto
     230Gli arda cacciato dal soffiar de’ venti;
     Che nulla è, che abbruciando in sì tremendo