Spunta la vaga giovainetta, e veste
Di lanugine molle ambe le guance;
A ciò tu forse non ti creda, o Memmio,
Che nascer d’animai tanto diversi 1315Debbian centauri, o scille, o somiglianti
Mostri, de’ quai le membra esser veggiamo
Fra lor tanto discordi, e che degli anni
Giunger con egual passo al fin bramato
Non posson, nè di corpi esser robusti, 1320Nè toccar dell’età l’ultima meta,
Nè di venereo ardor, nè di costumi
Insieme convenir, nè degli stessi
Cibi nutrirsi. Le barbute greggi
S’ingrassan di cicuta, ove all’incontro 1325La cicuta è per l’uomo aspro veleno.
Chè se il foco, e la fiamma incenerisce
De’ leoni egualmente i fulvi corpi,
E d’ogni altro animal, che in terra alberghi;
E com’esser può mai, che una chimera 1330Leon pria, quindi capra, al fin serpente
Dal tergemino corpo unqua spirasse
Foco, e fiamma per bocca? Onde chi finge,
Che nel primo natal del mondo infante,
Quando nova pur anco era la terra, 1335Novo il mar, nova l’aria, e novo il cielo,
Così fatti animai nascer potessero;
Chi ciò, dico, appoggiato a questo solo