Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/78

Da Wikisource.
64 Di Tito Lucrezio Lib. V.

     Che troppo avidamente altri calpesta
     Ciò, che pria paventò. Dunque il governo
     Tornava alla vil feccia, e all’ime turbe;
     Mentre ognuno il primato, e il sommo impero
     1695Per se chiedea. Quind’insegnaro in parte
     A crear magistrati, e promulgare
     Leggi, a cui sottoporsi a tutti piacque;
     Poichè il genere uman di viver stanco
     Pe ’l mezzo della forza, egro languiva
     1700Fra guerra, e inimicizie; ond’egli stesso
     Tanto più volentier soppose il collo
     Delle rigide leggi al grave giogo,
     Quanto più aspramente a vendicarsi
     Correa ciascun, che dalle giuste, e sante
     1705Leggi non si permette. Il viver quindi
     Per mezzo della forza a tutti increbbe,
     Ond’il timor delle promesse pene
     Di nostra vita i dolci premj infetta:
     Che la forza, e l’ingiuria intorno avvolge
     1710Ciascuno, e a quel ritorna assai sovente,
     Onde già si partio. Nè facil cosa
     È, che placida vita, e senza guerra
     Viva chi della pace i comun patti
     Viola con l’opre sue; poichè quantunque
     1715Egli i numi immortali, e l’uman germe
     Possa ingannar, creder non dee per questo,
     Ch’ognor star deggia il maleficio occulto.