Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/184

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E se ne andò com’era venuto, frettoloso, infatuato.

La zia Cirmena borbottò:

— Che seccatura!... Ci fosse almeno un’altra uscita!...

Il canonico invece, curioso, volle andare a vedere.

Di rimpetto, alla cantonata di San Sebastiano, c’era un crocchio di gente; si vedevano biancheggiare dei vestiti chiari nel buio della strada. Altri passavano lentamente, in punta di piedi, rasente al muro, col viso rivolto in su. Si udiva parlare sottovoce, delle risa soffocate anche, uno scalpiccìo furtivo. Due che tornavano indietro dalla parte di Santa Maria di Gesù si fermarono, vedendo aprire il balcone. E tutti sgattaiolarono di qua e di là. Rimase solo Ciolla, che fingeva d’andare pei fatti suoi canticchiando:


Amore, amore, che m’hai fatto fare?...


Donna Sarina e il marchese Limòli si erano avvicinati anch’essi al balcone. Quest’ultimo allora disse:

— Adesso potete andarvene, donna Sarina. Non c’è più nessuno laggiù!...

La zia Cirmena scattò su come una molla:

— Io non ho paura, don Alfonso!... Io fo quel che mi pare e piace!... Son qui per far da mamma a Bianca... giacchè non c’è altra parente prossima. Non possiamo piantar la sposa quasi fosse una trovatella... pel decoro della famiglia almeno!...