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MEDEA. 206
Gias.
Acasto preme, e più vicin nimico
E’ Creonte: però l’un l’altro fuggi.
Non vo, ch’armi le mani
Contra il suocero mio:
Né che t’imbratti ancora ne la morte
De’ congiunti et amici.
Med.
Meco fuggi innocente,
E dì poi, che costretto hatti Medea.
Gias.
E chi potrà giamai
Far resistenza, quando
Soprastino due guerre;
E che Acasto e Creonte
Uniscan le lor forze?
Med.
A questo aggiungi i Colchi,
Et Eta Re mio padre,
Et aggiungi anco a Greci
I fieri Scithi: io ti prometto certo,
Che gli sommergerò tutti nel mare.
Gias.
Io tuttavia pavento di coloro,
Che in alto seggio son levati e posti.
Med.
Vedi che non desideri temerli.
Gias.
Acciò che’l nostro favellar sospetto
Non porga; sarà buon che tu l’accorti.
Med.
Hor Giove d’ogni parte
Tuona dal cielo; e i fieri strali prendi
Per far vendetta di cotanti oltraggi,
E ’l mondo tutto scuoti,
Ferendo o me o costui,
Che qual d’ambi noi caggia,
Cadrà nocente: in noi le tue saette
Errar non ponno.
Gias.
Trova voci homai
Da saggia, e di parole humane e dolci.
Se cosa alcuna è appresso
Del mio suocer; laquale