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MEDEA. 208
Non quando l’Austro apporta
Nebuloso le piogge
Del freddo verno: o, quando
L’Histro crescendo spezza
I ponti, e vago le campagne copre.
Nè, quando entra nel mare
Il Rhodano pien d’ira:
O, quando a meza Primavera suole
Dileguarsi la neve,
Et il suo largo humore
Ne fa languido l’Hemo.
Quando animo amoroso
E stimolato d’ira,
Cieco tosto diviene,
Né cura d’esser retto,
Anzi non pate freni,
Non teme morte; ma desia di gire
Incontra a ferri, e a le taglienti spade
Deh perdonate o Dei,
Noi vi chiediam perdono;
Fate securo vivi,
Chi già soggiogò il mare:
Ma par, che si disdegni
Il gran Re del profondo,
Che sieno stati vinti
I suoi Regni secondi.
Il giovane Fetonte
Havendo preso ardire
Di governar il carro
Del celeste suo padre,
I fuochi, ch’egli sparse
Intorno il mondo: in lui tornaro alfine.
Le strade note altrui
Mai non costaro care: