Pagina:Medea.djvu/61

Da Wikisource.

MEDEA. 218
Del ricco vello d’oro.
Sommi tornati i Regni,
E la verginità da te rapita.
O nel fin Dij benigni
O lieto giorno e festo, o dì di nozze,
Vanne e partiti via,
C’ho fornita di fare
Quella scelerità, ch’io desiai.
Non la vendetta ancora:
Seguite mani. perche tardi tanto
Animo? perche stai così sospeso?
Gia in me caduta è l’ira,
E mi pento, e vergogno
Di quel, che lassa ho fatto.
Misera me, che è quello,
Che le tue crude mani
Nan fatto? ma quantunque
Tu ti penta, io l’ho fatto.
Un gran piacer, benche tal fatto sia
Degno d’odio, mi viene
A l’alma, et ecco cresce. Una sol cosa
Mancava: che di questo
Fosse riguardatore il proprio padre.
Non mi par d’haver fatto
Fin quì senza costui nessuna cosa.
Tutto il male, c’ho fatto,
Senza costui perisce.
Gias.
Ecco, ch’ella si mostra
In cima al tetto. Quì tosto si rechi
Il foco, acciò, ch’ella l’abbruci et arda
Ne le sue stesse fiamme.
Med.
Tu fa l’esequie a tuoi
Propri figliuoli, e da lor sepoltura.
Che la tua moglie, e ’nsieme