Pagina:Medea.djvu/9

Da Wikisource.

MEDEA 192
Onde son le querele
E le parole in darno.
Non debbo andar io contra
I miei gravi nimici?
Non tor l’ardenti faci
A l’alme de l’Inferno,
E l’alma luce al cielo?
Vede pur queste cose
Il Sole, ond’io derivo,
Mentre col carro aurato
Va circondando questo
E quell’altro Hemispero:
Perche non torna in dietro,
E d’altra parte a noi non mena il giorno?
Concedimi, ch’io possa
Col tuo carro levarmi
Su per l’aure celesti,
E che regga le briglia
De li veloci tuoi corsieri alati:
Che scenderei si a basso,
Ch’abbrucierei Corintho.
Hora mi resta solo
D’esser io ne le nozze
Pronuba di Giasone,
E che porti la face a la consorte.
E dopo i preghi al sacrificio fatti
Uccida lei, qual vittima a glialtari.
Animo, se in me vivi,
Cerca strada a le pene
Per le viscere istesse
Di questi miei nimici.
Dunque, se in te ancor regna
E resta parte del vigore antico,
Le senil paure in tutto sgombra,