Pagina:Non più illusioni (Carpi).djvu/4

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L’idea dell’indipendenza nazionale ha preso colossali proporzioni in ogni classe della società; si invoca e si vuole da ogni lato d’Italia, e i monti e le valli ne ripetono l’eco. Non è più il delirio, come fu per tanti secoli di poche menti elette, ma è l’ardente desiderio di tutta una nazione che si ridesta, risoluta a tentare le estreme prove per renderla un fatto compiuto. Pochi i dissenzienti per basso sentire o per ignoranza spregevoli.

I retrivi stessi se ne fanno mendace usbergo, per trarre in inganno e fuorviare gl’incauti e gl’ignoranti che per secolare ignavia non sentono rettamente l’intuito, che non può disdirsi in nessun popolo, di quel grandioso concetto.

Con tali elementi nell’ordine morale non è a maravigliarsi se le strepitose vittorie delle valorose armate franco-sarde produssero una salve quasi universale di Osanna per parte degli Italiani, e se dove più presto il poterono scossero l’odiato dominio delle male signorie: Non è a maravigliarsi se quando, per un complesso d’imperscrutabili fatalità il Sire di Francia, troncò i sanguinosi ludi, là dove appunto si doveva propiziare a Marte, per salire indomiti a piantare i nostri vessilli, ed il tempio dell’Italico termine irto di fortilizi sulle creste delle Alpi carniche e giulie, sembrava che le sorti dell’Italia dovessero offuscarsi, brillò invece di maggior luce la stella d’Italia: Non è a maravigliarsi infine se il senno degli Italiani in tale inaspettato frangente, rese vani e scongiurò i pericoli degli inconsulti patti di Villafranca.

Ahi sventura sventura sventura si gridò a prima giunta col Manzoni, in molte parti d’Italia, all’udirsi