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LIBRO QUINTO.




Già l’Aurora, levandosi a Titone
D’allato, abbandonava il croceo letto,
E ai Dei portava, ed ai mortali il giorno;
E già tutti a concilio i Dei beati
Sedean con Giove altitonante in mezzo,5
Cui di possanza cede ogni altro Nume.
     Memore Palla dell’egregio Ulisse,
Che mal suo grado appo la ninfa scorge,
I molti ritesseane acerbi casi.
O Giove, disse, e voi tutti d’Olimpo10
Concittadini, che in eterno siete,
Spoglisi di giustizia, e di pietade,
E iniquitate, e crudeltà si vesta
D’ora innanzi ogni Re, quando l’imago
D’Ulisse più non vive in un sol core15
Di quella gente, ch’ei reggea da padre.
Ei nell’isola intanto, ove Calipso
In cave grotte ripugnante il tiene,