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136 odissea

Con cui di senno in prova io già non vegno.
     Raccapricciossi a questo il non mai vinto220
Dalle sventure Ulisse, e, O Dea, rispose
Con alate parole, altro di fermo,
Non il congedo mio, tu volgi in mente,
Che vuoi, ch’io varchi su tal barca i grossi
Del difficile mar flutti tremendi,225
Cui le navi più ratte, e d’uguai fianchi
Munite, e liete di quel vento amico,
Che da Giove partì, varcano appena.
No, su barca sì fatta, e a tuo dispetto,
Non salirò, dove tu pria non degni230
Giurare a me con giuramento grande,
Che nessuno il tuo cor danno m’ordisce.
     Sorrise l’Atlantíde, e, della mano
Divina careggiandolo, la lingua
Sciolse in tai voci: Un cattivello sei,235
Nè ciò, che per te fa, scordi giammai.
Quali parole mi parlasti? Or sappia
Dunque la Terra, e il Ciel superno, e l’atra,
Che sotterra si volve, acqua di Stige,
Di cui nè più solenne han, nè più sacro240
Gl’Iddj beati giuramento, sappia,
Che nessuno il mio cor danno t’ordisce.
Quello anzi io penso, e ti propongo, ch’io