Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/220

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libro ottavo 205

Quando io non so per l’uom gloria maggiore,
Che del piè con prodezza, e della mano,195
Mentre in vita riman, poter valersi.
T’arrischia dunque, e la tristezza sgombra
Dall’alma. Poco il desiato istante
Del tuo viaggio tarderà: varata
Fu già la nave, e i remigi son pronti.200
     Ma così gli rispose il saggio Ulisse:
Laodamante, a che cotesto invito,
Deridendomi quasi? Io più, che giochi,
Disastri volgo per l’afflitta mente,
Io, che tanto patii, sostenni tanto,205
E or qui, mendico di ritorno, e scorta,
Siedomi, al Re pregando, e al popol tutto.
     Il bravo Eurialo a viso aperto allora:
Uom non mi sembri tu, che si conosca
Di quelle pugne, che la stirpe umana210
Per suo diletto esercitar costuma.
Tu m’hai vista di tal, che presso nave
Di molti banchi s’affaccendi, capo
Di marinari al trafficare intesi,
Che in mente serba il carico, ed al vitto215
Pensa, e ai guadagni con rapina fatti:
Ma nulla certo dell’Atleta tieni.
     Mirollo bieco, e replicogli Ulisse: