Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/222

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libro ottavo 207

Cimenterommi: chè mordace troppo
Fu il tuo sermon, nè più tenermi io valgo.245
     Disse; e co’ panni stessi, in ch’era involto,
Lanciossi, ed afferrò massiccio disco,
Che quelli, onde giocar solean tra loro,
Molto di mole soverchiava, e pondo.
Rotollo in aria, e con la man robusta250
Lo spinse: sonò il sasso, ed i Feaci,
Que’ naviganti celebri, que’ forti
Remigatori, s’abbattero in terra
Per la foga del sasso, il qual, partito
Da sì valida destra, i segni tutti255
Rapidamente sorvolò. Minerva,
Vestite umane forme, il segno pose,
E all’ospite conversa, Un cieco, disse,
Trovar, palpando, tel potria: chè primo,
Nè già di poco, e solitario sorge.260
Per questa prova dunque alcun timore
Non t’anga: lunge dal passarti, alcuno
Tra i Feaci non fia, che ti raggiunga.
     Rallegrossi a tai voci, e si compiacque
Il Laerziade, che nel circo uom fosse,265
Che tanto il favoria. Quindi ai Feaci
Più mollemente le parole volse:
Quello arrivate, o damigelli, e un altro