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210 odissea

Rimembrerai, possi a un illustre amico
Favellando narrar, quali redammo320
Studi dagli avi per voler di Giove.
Non siam nè al cesto, nè alla lotta egregi:
Ma rapidi moviam, correndo, i passi,
E a maraviglia navighiamo. In oltre
Giocondo sempre il banchettar ci torna,325
Musica, e danza, ed il cangiar di veste,
I tepidi lavacri, e i letti molli.
Su dunque voi, che tra i Feaci il sommo
Pregio dell’arte della danza avete,
Fate, che lo straniero a’ suoi più cari,330
Risalutate le paterne mura,
Piacciasi raccontar, quanto anche al ballo,
Non che al nautico studio, ed alla corsa,
Noi da tutte le genti abbiam vantaggio.
E tu, Pontonoo, per l’arguta cetra,335
Che nel palagio alla colonna pende,
Vanne, e al divin Demodoco la reca.
     Sorse, e partì l’araldo; e al tempo stesso
Sorsero i nove a presedere ai giuochi
Giudici eletti dai comuni voti,340
Ed il campo agguagliaro, e dilataro,
Rimosse alquanto le persone, il circo.
Tornò l’araldo con la cetra, e in mano