Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/236

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libro ottavo 221

L’invitava nel bagno. Ulisse vide
I lavacri fumar tanto più lieto,595
Che tai conforti s’accostâr di rado
Al suo corpo dal dì, che della Ninfa
Le grotte più nol ritenean, dov’era
D’ogni cosa adagiato al par d’un Nume.
     Lavato, ed unto per le scorte ancelle,600
E di manto leggiadro, e di leggiadra
Tunica cinto, alla gioconda mensa
Da’ tepidi lavacri Ulisse giva.
Nausíca, cui splendea tutta nel volto
La beltà degli Dei, della superba605
Sala fermossi alle lucenti porte.
Sguardava Ulisse, e l’ammirava, e queste
Mandavagli dal sen parole alate:
Felice, ospite, vivi, e ti ricorda,
Come sarai nella natia tua terra,610
Di quella, onde pria venne a te salute.
     Nausíca, del pro’ Alcinoo inclita figlia,
Ulisse rispondeale, oh! così Giove,
L’altitonante di Giunon marito,
Voglia, che il dì del mio ritorno spunti,615
Com’io nel dolce ancor nido nativo
Sempre, qual Dea, t’onorerò: chè fosti
La mia salvezza tu, fanciulla illustre.