Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/283

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268 odissea

S’apre un’angusta bocca. I miei compagni,
Che nel concavo porto a entrar fur pronti,120
Propinque vi tenean le ondivaganti
Navi, e avvinte tra lor; quando nè grande
Vi s’alza mai, nè picciola onda, e sempre
Una calma vi appar tacita, e bianca.
Io sol rimasi col naviglio fuori,125
Che al sasso estremo con intorta fune
Raccomandai: poi, su la rupe asceso,
Quanto si discopria, mirava intorno.
Lavor di bue non si scorgea, nè d’uomo:
Sol di terra salir vedeasi un fumo.130
Scelgo allor due compagni, e con l’araldo
Màndoli a investigar, quali l’ignota
Terra produce abitatori e nutre.
La via diritta seguitâr, per dove
I carri conduceano alla cittade135
Dagli alti monti la troncata selva;
E s’abbattero a una real fanciulla,
Del Lestrigone Antifate alla figlia.
Che del fonte d’Artacia, onde costuma
Il cittadino attignere, in quel punto140
Alle pure scendea linfe d’argento.
Le si fero da presso, e chi del loco
Re fosse, e su qual gente avesse impero,