Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/295

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280 odissea

Di trafiggerla in atto, io mi scagliai.
Circe, mandando una gran voce, corse420
Rapida sotto il colpo, e le ginocchia
Con le braccia afferrommi, e queste alate
Parole mi drizzò, non senza pianto:
Chi sei tu? donde sei? la patria dove?
Dove i parenti a te? Stupor m’ingombra,425
Che l’incanto bevuto in te non possa,
Quando io non vidi, cui passasse indarno
Per la chiostra de’ denti il mio veleno.
Certo un’anima invitta in petto chiudi.
Sarestu forse quel sagace Ulisse,430
Che Mercurio a me sempre iva dicendo
Dover d’Ilio venir su negra nave?
Per fermo sei. Nella vagina il brando
Riponi, e sali il letto mio: dal core
D’entrambi ogni sospetto amor bandisca.435
     Circe, risposi, che da me richiedi?
Io cortese ver te, che in sozze belve
Mi trasformasti gli uomini? Rivolgi
Tacite frodi entro te stessa; ed io
La tua penetrerò stanza secreta,440
Onde, poichè m’avrai l’armi spogliate,
Del cor la forza tu mi spogli ancora?
No, se non giuri prima, e con quel grande